Paolo Mieli chi? La cultura ai tempi di Facebook
Per una settimana, dal 29 agosto al 5 settembre, Desenzano del Garda è al centro di un’interessante manifestazione promossa da La Gardesana, che vede la presenza di personaggi della cultura, del giornalismo e dello spettacolo intervistati nella bellissima cornice di Piazza Malvezzi sul tema dei 7 vizi capitali.
Sono nata a Desenzano e, anche se da 10 anni mi sono trasferita a Padenghe, a pochi chilometri, buona parte dei miei interessi gravita ancora intorno al mio paese di nascita.
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Quindi sono ben contenta quando Desenzano, diventata da anni una specie di giostra consumistica presa d’assalto, nota e apprezzata più per i suoi ritrovi, pizzerie al taglio e gelaterie, si distingue invece per manifestazioni a sfondo culturale.
Io scrivo, leggo, ma non mi ritengo una persona di cultura, però amo tantissimo ascoltare chi ha qualcosa da propormi per arricchire il mio bagaglio culturale.
Sabato sera, tra gli altri ospiti, tocca a Paolo Mieli, giornalista più volte direttore del Corriere della Sera, presidente di RCS Libri, profondo conoscitore della storia e della politica d’Italia, invitato a parlare del tema dell’oblìo affrontato nel suo libro “I conti con la storia”.
Decidiamo di andarlo a sentire. L’occasione di ascoltare dal vivo anziché in tv una persona di cultura di quel calibro è da non perdere.
Arriviamo e ci accorgiamo che in tanti la pensano come noi. Le sedie della platea davanti al palco sono tutte occupate. Per un po’ restiamo in piedi, poi decidiamo di sederci al bar in posizione strategica per vedere e ascoltare. Purtroppo l’acustica non è il massimo, perché i famosi portici di piazza Malvezzi fanno da cassa di risonanza al brusio delle persone che passeggiano e chiacchierano.
Già, è sabato, e come sempre Desenzano è raggiunta da persone che vengono a fare un giro, prendere il gelato, fare un po’ di struscio. Solo che stasera in piazza c’è qualcosa di diverso: c’è un grande palco, uno schermo dov’è proiettata la copertina di un libro, ci sono due persone sedute in poltrona col microfono in mano e, davanti al palco, decine di persone intente ad ascoltarle. Non è che capiti tutti i giorni di trovarsi faccia a faccia con Paolo Mieli e sentirlo parlare di una materia in cui è ferratissimo.
Eppure, nello spazio lasciato libero tra i portici e la platea, l’andirivieni di persone è incessante, una specie di fiume che scorre nei due sensi opposti. E la mia attenzione si suddivide tra ciò che accade sul palco e questa fiumana incessante di persone.
Pochi quelli che si fermano. Quelli che lo fanno resistono al massimo un minuto, e intanto parlano tra di loro. Guardano, ma non ascoltano. Alcuni si chiedono “Chi è quello là?”, altri fanno spallucce, alcuni scattano una foto con l’iPhone (che se non l’hai non sei nessuno… altro che Paolo Mieli… ma lui ce l’avrà l’Aifon?) da postare subito su Facebook (che se non hai il profilo non sei nessuno… ma Paolo Mieli ce l’avrà il profilo Feisbuc?), altri continuano a camminare con gli occhi e le dita incollati al cellulare e, dopo uno sguardo distratto al palco, riprendono a messaggiare.
Altre persone si siedono ai tavolini del bar e girano ostentatamente la schiena al palco. Chiacchierano di fatti loro e, per sovrastare il disturbo della voce dei due che parlano dal palco, alzano la loro (“Uffa, siamo qua per goderci un gelato e farci quattro chiacchiere tra amici, perché mai dobbiamo star qua ad ascoltare quei due che parlano di cose tanto noiose? È sabato sera, siamo qua a divertirci, mica a sentire discorsi seri…”)
Dopo un po’ la voce di Paolo Mieli, impegnata in un’interessantissima disamina della storia, viene messa in secondo piano da quelli che parlano di ristoranti, di saldi, della cessione di Balotelli al Liverpool…
Per fortuna si liberano due posti e riusciamo a sederci in platea per goderci l’ultima parte dell’intervista in cui Mieli fa una lettura insolita, brillante e non scolastica della Seconda Guerra Mondiale e poi anche dell’Odissea. Che bello sentir parlare con cognizione di causa una persona che ha fatto della cultura il centro della propria vita.
Intanto il via vai degli Aifon-e-Feisbucdipendenti continua incessante, un tizio col costume di Capitan America sale sul palco e grida qualcosa, un altro passa e suona una trombetta…
Del resto è sabato sera: a Desenzano si viene a divertirsi, mica per ascoltare discorsi barbosi…
E la cultura? Roba da vetusti…
Diana Lanciotti