Metodo sì o metodo no?
Cara Diana,
su “Amici di Paco” ho letto la tua intervista a Deric Longden, autore del libro “Il gatto che venne dal freddo” pubblicato ora da Paco Editore e anni addietro da Mondadori. Ebbi allora la fortuna di leggerlo e lo trovai molto simpatico e scritto bene tanto che mi venne voglia di riprendere in mano la penna che avevo abbandonato dieci anni prima per raccontare un po’ di storie di animali che mi giravano in testa (le storie… non gli animali).
Non sai il piacere che ho provato a leggere un’intervista a un autore che apprezzo senza riserve (in inglese mi ero letto anche il suo libro sulla moglie Diana). Ciò che mi ha lasciato perplesso è la risposta alla tua domanda sul suo metodo di scrittura… pare che Deric non ne abbia!
Mentre se leggo Stephen King, o te, o la Mazzantini, pare che il mestiere dello scrittore richieda metodi e tempi assolutamente circoscritti.
Seguendo i vostri consigli ho dedicato un anno intero alla stesura di un libro di racconti e l’ho recapitato a un editore (veramente a più d’uno, ma solo da uno ho ricevuto risposta). Sai che cosa mi ha scritto? “I racconti si dipanano in una perfezione formale che diventa schematica lasciando fuori l’inventiva più schietta. Il rischio è dato dall’assenza di palpito e genuinità. Più che frutto d’ispirazione parrebbe mera opera condotta a tavolino.”
Allora ho sbagliato tutto? Ho seppellito l’ispirazione sotto quella che tu definisci “artigianalità”? Ho fatto di un’arte un semplice mestiere?
Sono amareggiato e scusami per lo sfogo, ma la delusione d’aver gettato alle ortiche un anno della mia vita per avere questo esito mi fa impazzire.
Raffaele D.
Caro Raffaele,
brutta cosa gli editori! Per fortuna, avendo ora una casa editrice mia, i contatti si sono molto diradati, però anch’io ne avrei delle belle da raccontarti. Potrei raccontarti di quell’editore che, dopo aver letto il dattiloscritto di "C’è sempre un gatto" mi telefonò entusiasta e mi convocò immediatamente a Milano… per chiedermi, una volta a quattr’occhi, di pubblicarlo con un modico "concorso spese" di… 13 milioni di lire!!! Parliamo del 1995 e la cifra non era (e non è) poca cosa. Mi sembra inutile dirti che cosa gli risposi. Il libro, che venne poi pubblicato da Felinamente (Gruppo Mursia), dopo 10 anni continua a essere venduto ed è per l’ennesima volta in ristampa… senza che io abbia versato una lira, né un euro!
Oppure potrei riferirti di un altro editore (Sperling & Kupfer) che in risposta all’invio del dattiloscritto di "Black Swan" mi rispose con una scheda che sembrerebbe scritta dallo stesso trombone che ha scritto quella che hai ricevuto tu. Tra le altre cose, c’era scritto che "il pericolo era che il libro, come un iceberg perfetto e lucente, non incontrasse l’interesse del lettore". Pericolo scampato, direi, come dimostrano le migliaia di copie vendute e i commenti dei miei lettori, ai quali sembra piacere e anche parecchio.
Sai, a volte gli editori (o i loro collaboratori… che non è detto che siano delle cime, ricordatelo!) sembrano avere un gusto perverso a dire "NO" a un autore inedito e pieno di speranze. A volte sono loro stessi scrittori mancati, che sfogano così le loro frustrazioni. E in ogni caso, sulla quantità di opere che ricevono, possono permettersi di prendere a calci nel didietro anche chi magari meriterebbe. Ma chi glielo fa fare di rischiare con autori sconosciuti, quando ci sono calciatori, comici, attricette pronti a dare in pasto al pubblico le proprie "opere", seppur di dubbio (molto dubbio!) valore letterario?
Io di solito quando devo dare una risposta negativa a un testo che mi è stato sottoposto preferisco farlo a voce: preferisco che un "no" sia motivato, e che un autore (categoria in ogni caso da rispettare) abbia modo di farmi delle domande e chiedere dei chiarimenti. Forse perché io stessa sono autrice e so quanto sia sgradevole sentirsi "uno dei tanti".
Per quanto riguarda il dilemma: "metodo sì" o "metodo no", continuo a essere dell’idea che un metodo sia necessario, purché a supporto di un’ispirazione creativa. L’ispirazione può colpirci in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo, ma il lavoro "a tavolino" o "di braccia" è necessario, checché ne dica il tizio che ti ha scritto.
Se ne hai voglia, prova a mandarmi il tuo dattiloscritto per una valutazione.
Ti prometto, in ogni caso, una risposta meno ampollosa e, spero, più utile per il prosieguo della tua attività di scrittore.
Un caro saluto
Diana