Ma che bei polli, signor Amadori!
Imperversa in questo periodo, nelle pubblicità in tv, lo spot Amadori-Campese. Un’indegna farsa intrisa d’ipocrisia, e totalmente diseducativa. A mio avviso il gran giurì della pubblicità dovrebbe farla ritirare come pubblicità ingannevole.
Vi spiego perché.Nello spot incriminato, si vede un’allegra comitiva di bambini che va in visita a un allevamento di polli.
Siamo arrivati al serial, come alcuni avranno notato. Infatti questo spot è il seguito dei precedenti in cui una classe di alunni dissertava (a mo’ di interrogazione scolastica) sull’alimentazione somministrata ai polli Amadori.
I creativi che l’avevano ideato dovevano aver trovato molto divertente lo sketch tra il bambino grasso come un porcellino e la bambina secca come un’acciuga, dove lei correggeva lui a proposito degl antibiotici pre… (premonitori? precursori?… qualcuno si ricorda che cosa farfugliavano?) della crescita, che sarebbero assenti nel cibo dato ai polli Amadori.
I due stessi bambini (ci scommetterei nipoti dello stesso signor Amadori… il sorriso è identico!) ce li ritroviamo ora nel nuovo spot, questa volta non più a scuola ma “in esterni”: dalla teoria in classe alla pratica sul campo, si potrebbe dire.
Bene, li vediamo aggirarsi estasiati tra questi polletti marron (“perché sono abbronzati.. per forza, stanno all’aria aperta”… dissertano con notevole arguzia i bimbetti), con l’aria rapita e felice, come se invece che in un allevamento dove i polli vengono al mondo per crepare di lì a poco e finire nei vassoi dei supermercati e poi nei loro piatti, fossero capitati in un paradiso dove bambini e polli si amano, si rispettano e giocano insieme, senza che i primi mangino gli altri.
Ma che bel quadretto idilliaco, signor Amadori! Complimenti! Non neghi che è fiero di sé: si capisce dal suo sorriso che sigla lo spot che è soddisfatto del capolavoro da Oscar cinematografico che ogni sera ci arriva in casa, via tv, senza che l’abbiamo richiesto o voluto.
Lo trovo, né più né meno, del resto, dei vari spot dei salumi e comunque di prodotti a base di ex esseri viventi, uno spot di una sconcezza inaudita, di una falsità vergognosa. Un colossale imbroglio.
Se vogliamo fingere di voler educare i ragazzi e mostrargli come vengono allevati i polli, non fermiamoci lì. Andiamo fino in fondo e facciamo vedere, poi, come continua la storia: come vengono uccisi, quei bei polletti abbronzati, come vengono sezionati e poi confezionati in asettici vassoietti cellofanati. Facciamo vedere non solo il prima (il pollo vivo che sgambetta felice) e il dopo (il pollo già bell’e spennato, decapitato e confezionato sotto plastica): facciamo vedere il durante. Facciamogli vedere come si ammazza un pollo, anzi, per completezza d’informazione, facciamo che siano loro a doverlo far fuori…
Del resto non era così, nei millenni che furono? Chi voleva (ma allora alternative non ne aveva) mangiarsi un animale doveva prima ucciderselo da sé. E se oggi vogliamo conservare le abitudini alimentari dei nostri progenitori, non vedo perché il lavoro sporco lo debba fare qualcun altro per noi. O perlomeno perché uno spot tv, che dovrebbe informare sul prodotto che pubblicizza, debba dimenticare un particolare di non poco conto: che un pollo non muore mai di vecchiaia!
Diana Lanciotti