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L’Italia affonda, i magistrati… ballano

Sei ore di requisitoria: tanto è durata la filippica della Boccassini nell’arringa finale del processo Ruby. Come un esperto maestro artificiere, la PM ha sparato tutti i fuochi d’artificio (e badate bene che non a caso uso la parola “artificio”) più roboanti per un gran finale col botto.
Non ho nessuna intenzione di prendere le difese di Berlusconi, di cui ho avuto modo di stigmatizzare e criticare in precedenza le scelte di vita. Però francamente ora non se ne può più.
L’Italia va a rotoli, ma da vent’anni a questa parte pare che i problemi più urgenti della nostra nazione siano il “conflitto d’interessi” e le frequentazioni più o meno sessuali del Cavaliere.
Ma chissenefrega!

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Quella della Boccassini, in realtà, più che di una requisitoria aveva il sapore di un articolo tratto da qualche giornalaccio di gossip; era la ricerca affannosa del torbido da parte di qualcuno che si gode a rimestare nella m…, fingendo di esserne disgustato, essendone in realtà e più presumibilmente attratto e affascinato per qualche strana forma di perversione.
Più che una requisitoria, era un guardare da un buco della serratura al di là del quale non c’è nulla che possa interessare agli italiani né tantomeno all’Italia.

A forza di sentirne dire di cotte e di crude sul suo conto, mi ero quasi convinta che la battaglia di Berlusconi verso i magistrati fosse puramente finalizzata a salvarsi il didietro. In realtà in questi giorni sto scoprendo che la giustizia italiana ha veramente troppe cose che non vanno. È piena di falle da tutte le parti. Basta sentire che cosa ne dice il politologo Edward Luttwak, uno che le cose non le manda a dire e le dice anzi chiare e tonde. L’ho sentito l’altra sera a Piazza Pulita su La7 e sono stata folgorata dalla sua analisi, come sempre lucida e spietata, secondo la quale la giustizia italiana è l’unica al mondo che permette a magistrati politicizzati di accanirsi contro un politico per annientarlo e toglierlo dalla scena.
Il problema non sono tanto i magistrati, ma il sistema giudiziario che, al contrario che negli altri paesi, permette ingerenze nella politica di una categoria che dovrebbe mantenersi rigorosamente indipendente e super partes. Negli altri paesi, anche quelli considerati meno “avanzati e civili” del nostro, nessuno si sognerebbe mai di accettare incursioni nella politica da parte dei magistrati.
E’ il sistema giudiziario, il vero problema, non le persone. Sistema che, al contrario che in tutti i paesi civili dove un magistrato impegolato politicamente viene estromesso da un processo, permette che i processi siano usati come strumenti di lotta politica. Uno scandalo.

La lentezza della Giustizia italiana (basti pensare che per concludere un processo e ottenere una sentenza definitiva sono necessari 1.210 giorni) è uno dei maggiori ostacoli per l’economia del nostro Paese: lo dimostra il rapporto “Doing Business 2012”, secondo cui per risolvere una controversia commerciale tra due imprese, servono in media 3,3 anni. Secondo questo studio, l’Italia si colloca al 158esimo posto su 183 paesi presi in esame, con uno scollamento drammatico dalle principali economie UE come Francia e Germania dove, rispettivamente, i processi si concludono in 331 e 394 giorni. Processi così lunghi comportano scarsa fiducia da parte delle banche (che perciò erogano sempre meno credito) e gravi ostacoli alla crescita delle aziende, che si concretizza in un livello di mortalità delle stesse davvero spaventoso. Il tutto mette fuori gioco una buona parte delle imprese italiane, la cui competitività rispetto a quelle straniere diventa sempre più un miraggio.
Eppure certi magistrati politicizzati (e che si sono rivelati anche razzisti… parlare di “furbizia orientale” oltre a una colossale gaffe dimostra anche un inaudito e inaccettabile razzismo) vogliono farci credere che i mali dell’Italia abbiano tutti sede ad Arcore.
Che la giustizia in Italia sia da riformare è una necessità, non un’invenzione arbitraria di Berlusconi.
Del resto credo che chiunque abbia avuto a che fare in vita sua con la giustizia ne abbia assaggiato l’inefficienza e le lungaggini: non per colpa dei giudici, magari, ma per colpa di un sistema incancrenito e lontano mille miglia da canoni di efficienza ed efficacia.

Ricordo anni fa, quando un cliente per cui la nostra agenzia di marketing e pubblicità aveva lavorato per un anno senza vedersi riconoscere una lira, disse che non ci avrebbe pagati. Tanto che chiedemmo di incontrarci con un giudice. Questi, letta la relazione dell’avvocato, suggerì chiaramente al cliente di pagare perché era in torto marcio. Il nostro avvocato, a costo di rimetterci, ci consigliò di lasciar perdere la causa, ma di accettare un compromesso (cioè la metà di quanto ci spettava) perché, visti i tempi lunghi dei processi in Italia, i nostri soldi li avremmo visti dopo una decina d’anni…
Io stessa, dopo l’operazione alle tonsille che tre anni fa mi ha rovinato la salute e messa in pericolo di vita, ho chiesto un risarcimento all’ospedale. Ma quelli, pur sapendo di essere a loro volta in torto marcio, mi hanno risposto picche.
Funziona così, a quanto mi hanno spiegato gli addetti ai lavori: gli ospedali, e i medici in genere, quando sbagliano non aderiscono alle richieste di risarcimento. Sapendo quanto dura una causa in Italia, la loro speranza è che il cittadino vittima di errore medico desista. La loro forza si basa sulla complicità di un sistema giudiziario che favorisce chi delinque o comunque sbaglia e non rende giustizia a chi la merita.

Chiudo consigliandovi la lettura di un’intervista del Giornale (1/03/2013) a Luttwak sulla politicizzazione della magistratura italiana. Secondo Luttwak in Italia «i magistrati possono agire indisturbati senza temere alcun provvedimento disciplinare nei loro confronti… hanno licenza di agire a piede libero e come cacciatori indipendenti per poter fare persecuzioni personali e politiche. In Italia i magistrati rossi fanno quello che in Francia fanno i falliti intellettuali della rive gauche che si comportano ancora da maoisti. Senza contare l’ostinazione nel vedere congiure».
E prosegue: «Continuano nella loro miope lotta contro il capitalismo. E tengono lontano dall’Italia gli investitori… un’altra caratteristica dei magistrati italiani è inventarsi congiure e associazioni a delinquere varie e poi dare loro nomi di fantasia tipo P4,P5, eccetera. Inventarsi accuse e criminalizzare imprenditori che per il solo fatto che lavorano e operano in Italia sono tenuti sotto scacco costantemente dalla possibilità di venire accusati di omicidio colposo al primo incidente che, sfortunatamente può accadere nelle loro fabbriche.»

Un parere finalmente fuori dal coro e dalla politica dei paraocchi.

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