L’ESPERTA DEI CANI (novembre 2015)
L’ESPERTA DEI CANI
Imparare a capire i nostri cani per vivere in perfetta armonia
Intervista a Diana Lanciotti, autrice di tante storie di animali di grande successo, all’uscita del suo sedicesimo libro
È passato poco più di un anno dall’uscita del suo quindicesimo libro, ed eccoci di nuovo qui a parlare di Diana Lanciotti, in occasione del suo nuovo libro, il sedicesimo. Chi si aspettasse una delle sue straordinarie storie di animali, sul modello di Paco, il Re della strada o La gatta che venne dal bosco, o uno dei suoi appassionanti romanzi d’amore e di mare sulla scia di Black Swan-Cuori nella tempesta o Silver Moon-Lo stregone del mare, o uno dei suoi suggestivi libri fotografici, nell’ottica di I miei musi ispiratori o Occhi sbarrati, si sbaglierebbe. Stavolta Diana si è cimentato con un genere assolutamente diverso… non solo rispetto ai suoi libri, ma diverso da qualunque libro sia stato finora pubblicato. Così come con La vendetta dei broccoli ci ha spiazzati offrendoci una storia assolutamente diversa da qualunque altra, con questo nuovo libro Diana Lanciotti si conferma un’autrice poliedrica, unica nel panorama letterario italiano per l’originalità e l’eterogeneità delle sue opere.
L’esperta dei cani è infatti un condensato di riflessioni, consigli, esperienze che ne fanno molto più di un manuale, molto più di una guida, molto più di un saggio sullo stato dell’arte dell’educazione cinofila.
Ma sentiamo direttamente dalla voce di Diana che cosa l’ha spinta a scrivere un libro con un titolo che lei stessa definisce “provocatorio”.
Diana, innanzitutto da dove nasce questo titolo, che tu stessa definisci “provocatorio”?
«Dal titolo che mi sono sentita affibbiare tantissime volte da chi riconosce in me, bontà sua, un’esperta di cani: «Tu che sei l’esperta dei cani…» o la sua variante: «Tu che te ne intendi di cani…» o, ancora, «Tu che sai tutto di cani…» Frasi seguite quasi sempre da: «… sai dirmi perché il mio cane fa così?» L’intento è di fare un po’ di chiarezza nel mondo piuttosto confuso dell’educazione cinofila e aiutare in modo concreto tanti proprietari di cani a capire un po’ di più il proprio cane, senza farsi fuorviare dalle decine di teorie e filosofie che imperano oggigiorno approfittando di un vuoto nella cultura cinofila.»
È innegabile che esperta la sei davvero, anche se, come sottolinei tu stessa, non titolata. Però con questo libro hai lanciato una bella sfida agli esperti titolati.
«Più che altro agli pseudoesperti, quelli che si divertono a sollevare una cortina di fumo per confondere le idee ai malcapitati proprietari di cani che hanno dei problemi da risolvere e non li risolveranno mai con le loro teorie filosofiche astruse. Il fatto è che il cane, oggi, non è più quello di un tempo e non siamo ancora preparati a gestire il nuovo ruolo che gli abbiamo dato.»
Vuoi spiegare meglio questo concetto?
«Certo: fino a non moltissimo tempo fa al cane veniva richiesto di svolgere determinate mansioni: pastore, guardiano, cane da slitta, da salvataggio. Ed erano state create le razze con determinate connotazioni che le rendessero adatte a svolgere il compito assegnato. Ora al cane chiediamo più che altro di essere nostro compagno di vita, e però pretendiamo che si spogli delle stesse caratteristiche che con la selezione gli abbiamo appiccicato addosso. Vorremo che rinunciasse addirittura a essere cane, per diventare figlio, marito, fratello. Da qui nascono i conflitti, l’incapacità di capirlo, il pretendere che lui ci capisca e obbedisca quando siamo noi i primi a non capirlo e a rendergli difficile obbedirci.»
Infatti, con ironia, nel tuo libro dici che una delle malattie più diffuse oggi nei cani è la “caninità”.
«Infatti: vogliamo ridurlo a peluche o bella statuina da rimirare e coccolare, e quando invece si comporta da cane crediamo di avere un cane problematico e andiamo in tilt. In realtà quando un cane sbaglia, a monte c’è sempre un nostro sbaglio. Non tutti gli educatori però hanno il coraggio di dirlo chiaro e tondo ai loro clienti per paura di perderli. Così diventa più comodo incolpare il cane di colpe che non ha.»
Come mai hai deciso di addentrarti in un terreno così irto di ostacoli?
«Non è che mi sia venuta la fissa dell’educazione cinofila. Da tempo ho constatato che una delle cause principali dell’abbandono è l’incapacità di gestire il proprio cane dovuto a una mancanza di cultura cinofila, all’incapacità di capire in definitiva chi è quell’essere peloso a quattro zampe che consideriamo il nostro migliore amico, col quale però troppo spesso non sappiamo capirci. Alla base di tanti o dovrei dire tutti i problemi c’è l’assenza di comprensione. È appurato che proprio l’incomprensione e l’incapacità di gestire il nostro cane possono determinare comportamenti negativi nei suoi riguardi fino al rifiuto, se non all’abbandono.»
Parli di casi in cui però manca l’amore, perché l’amore compensa tutto. O no?
«Purtroppo no: anche se li amiamo alla follia, l’amore non basta a creare un rapporto sereno ed equilibrato, soprattutto se non è accompagnato dalla volontà di metterci nei peli del nostro cane e capirne le reali esigenze psicofisiche. Bisogna porsi in una prospettiva diversa dal solito, e focalizzare la nostra attenzione su ciò che il cane “è” veramente, e non su ciò che noi “pensiamo” o “vogliamo” che sia.»
Questo libro non è una guida, non è un manuale… come lo definiresti?
«Una “passeggiata” al fianco dei lettori, che se decidono di leggere questo libro sono persone comunque aperte al cambiamento. In ogni caso sono persone spesso deluse da chi dovrebbe aiutarli a risolvere i loro problemi, e invece non fa altro che confondere ulteriormente le idee. Ho letto decine di libri di educatori cinofili, ma quasi tutti sprecano pagine a ripercorrere la storia dell’evoluzione canina, o a proporre improbabili teorie, usando termini astrusi (prossemica, epitelemico, zoocognitivo, eccetera). A parte i libri di Valeria Rossi, quasi nessuno ti dà concretamente una mano se hai un problema da risolvere. Ciò che non capisco è perché per capire un essere come il cane, per sua fortuna lineare, non complicato, privo di contorsioni mentali, ci sia bisogno di mettere in piedi un’enorme impalcatura di teorie, metodologie, filosofie.»
Forse pensano che se basta un libro per risolvere i problemi, più nessuno andrà a scuola da loro…
«Non è così, perché una cosa non esclude l’altra, anzi. Nel mio libro insisto proprio sull’educazione da impartire al proprio cane, e sull’importanza di rivolgersi a un educatore cinofilo serio per non complicarsi la vita e le idee.»
Lo sai che ti attirerai le critiche degli educatori con questo libro?
«Forse di certi “educatori” che alla fine fanno solo danno, visto che si tratta di persone impreparate e improvvisate, che hanno alle spalle solo teoria e nessuna pratica. Ma quelli seri non avranno nulla da ridire. Anche perché è un libro che esalta la loro professionalità. E dato che per me scrivere è anche una professione, e per loro invece no, credo di aiutarli a far capire ai lettori certi concetti. Concetti semplici, scritti in modo semplice, da una che c’è passata pure lei, pure lei si è persa per un po’ nel labirinto delle varie teorie cinologiche prima di ritrovare la strada. Il problema è che in campo cinofilo siamo bombardati da informazioni spesso in contraddizione tra di loro e rischiamo di non capirci più niente. A rimetterci è inevitabilmente il rapporto con i nostri cani.»
A proposito: l’idea del libro parte da quel problema con il tuo Leo che, come racconti, avevi addirittura deciso di affidare a un’altra famiglia?
«Diciamo che quell’episodio ha fatto sì che, su consiglio del nostro veterinario, non gettassi la spugna ma mi rimettessi in gioco per recuperare un rapporto che si era guastato. L’idea del libro era nata molto prima, intorno al 2009, quando ho iniziato a curare la rubrica “Parliamone insieme” su “Amici di Paco”. O forse ancora prima, quando con la mia agenzia di comunicazione, la Errico & Lanciotti, ideai per il Fondo Amici di Paco la campagna “Cane educato, cane rispettato”. Già allora mi ero resa conto che se molti si rivolgevano a me ritenendomi l’ultima spiaggia, dopo aver consultato “esperti” veri (educatori, comportamentalisti, addirittura etologi), in giro c’è davvero troppa gente che approfitta della scarsa cultura cinofila di queste persone per farle sentire stupide, inadeguate e proporsi come i guru dal metodo infallibile. Mi riferisco ai tanti profittatori che, invece di aiutare cani e umani a creare un rapporto di cooperazione, fiducia e rispetto, producono solo incertezza, senso di inadeguatezza, tensioni, paure, allarmismi, falsi problemi, rischiando di snaturare il rapporto genuino tra cane e umano, privandolo di quella spontaneità a volte magica che lega un essere umano al suo cane.»
A proposito, Diana, in questi anni hai scoperto qual è il metodo giusto per educare un cane?
«No. Non c’è nessun metodo.»
Allora che cosa spieghi nel tuo libro?
«Spiego proprio che non c’è un metodo, ma c’è un insieme di metodi ai quali attingere. Per anni io stessa ho cercato delle Regole, ma pretendere di regolamentare il rapporto tra uomo e cane sarebbe come dare delle regole al rapporto moglie-marito, genitori-figli, nonni-nipoti. Rapporti unici, non regolamentabili, non standardizzabili. Eppure in tanti hanno cercato di standardizzare qualcosa che è talmente pieno di sfaccettature da poter essere visto in modo diverso in base al soggetto, l’ambiente, l’epoca, le circostanze.»
Ci sono solo le tue riflessioni o anche consigli?
«Un po’ di tutto: riflessioni, consigli, rassicurazioni, esperienze mie e di altri. Il concetto che vorrei passasse è che non bisogna mai gettare la spugna davanti a un problema per tanto che ci sembri insormontabile, perché il nostro cane è solo lì che desidera compiacerci. Solo che se noi non sappiamo fargli capire come deve compiacerci gli renderemo il compito molto difficile se non impossibile.»
Vuoi parlarci di Demis Benedetti, il dog trainer che ha collaborato con te alla stesura di questo libro?
«L’ho conosciuto “grazie” a quel problema con Leo a cui accennavi. Fu il dottor Dalzovo a suggerirmi di rivolgermi a lui. Demis mi ha aiutata a ridimensionare un problema che la mia apprensione tendeva a ingigantire. Nel frattempo ho imparato a conoscere la realtà di New Thought, il centro cinofilo di Demis, e ho conosciuto Francesca, sua moglie, che fa parte del suo team. Apprezzo molto il loro approccio: niente fumo, niente teorie astratte, tanta concretezza, esperienza trentennale, passione, e anche una buona dose di umiltà. Demis e Francesca, come ho scritto nel mio libro, sono due gran belle persone, ed è un piacere lavorare con loro. Quando ho parlato loro del mio progetto si sono entusiasmati. È stato un lavoro bello, utile e divertente, anche grazie a loro.»
Concludo io, Diana, se mi permetti: L’esperta dei cani è un libro imperdibile, non solo se si hanno problemi da risolvere con il proprio cane, ma anche perché è ricco di contenuti interessanti per chiunque viva con un cane. “Problematico” o no.
Paola Cerini da Amici di Paco n° 61