La dittatura franco-tedesca
Ce l’hanno fatta. Ce l’hanno fatta ancora una volta a comandare in casa nostra. La decisione di Mattarella di mandare carte quarantotto un Governo che, nel bene e nel male, era frutto del risultato delle ultime elezioni non è altro che la conferma di ciò che sappiamo ma… che non si può dire. O meglio, si può dire ma, se lo dici, ti procura una levata di scudi da parte dell’intellighenzia di sinistra, l’unica (insieme ai grandi manovratori/dittatori franco-tedeschi) che da questa débacle della democrazia trae motivo di grande godimento.
Macron, Merkel, Mattarella e compagnia stonante sapevano già dall’inizio come sarebbe andata. Nei confronti di Salvini e Di Maio, il nostro (nostro?) presidente della Repubblica si è comportato come il nonno con i nipotini. Li ha lasciati giocare, li ha lasciati divertire, li ha lasciati sfogare, poi è arrivato lui a… rimettere in ordine la stanza: con quel NO all’economista Paolo Savona, la cui candidatura la cui candidatura al ministero dell’Economia è stata il pretesto che cercava da giorni per mandare tutto a monte.
Savona è stato il pretesto per dire di NO a un nascente governo sgradito ai nostri dittatori franco-tedeschi. È stato la scusa, gentilmente (anche se involontariamente) fornita da Salvini e Di Maio, per rifiutare tutto l’ambaradan. Ma se anche non ci fosse stato Savona, avrebbe trovata un’altra scusa. Solo che non poteva far capire subito come sarebbe andata: li ha lasciati “giocare”, ostentando pazienza e condiscendenza, che piano piano, come da copione, si sono trasformate in “irritazione”…
L’ineffabile Presidente è stato furbo, e ha giocato come il gatto col topo, in attesa dell’attacco mortale: alla democrazia. Un attacco da cui usciamo tutti malconci, soprattutto la nostra illusione/speranza di valere ancora qualcosa, di contare ancora qualcosa, noi cittadini, sul grande scacchiere internazionale. Dove invece, è sempre più chiaro, siamo semplici pedine manovrate dai poteri forti: le banche, le società petrolifere, le case automobilistiche, le industrie farmaceutiche. Questi grandi poteri che manovrano la finanza internazionale, un mondo misterioso, dai meccanismi imperscrutabili, di cui noi comuni mortali non sappiamo niente. E quando qualcuno che ne sa qualcosa, ma non fa parte di quei poteri, si affaccia alla porta, ecco che gliela chiudono in faccia e lo rispediscono da dov’è venuto: “Ma come si permette di voler mettere becco in… cosa nostra… pardon, casa nostra?”
Già, perché la Finanza è casa (cosa…) loro, di quei signori che manovrano tutte le partite che si giocano sul Grande Scacchiere.
Come andrà a finire? Parlare di messa in stato d’accusa del Presidente lascia il tempo che trova, anche se l’articolo 92 della Costituzione dice chiaramente:
Il Governo della Repubblica è composto del Presidente del Consiglio e dei Ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei ministri.
Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i Ministri.”
Quindi non compete al Presidente decidere i Ministri, ma solo nominarli in quanto proposti dal Presidente del Consiglio. Non si parla di un suo potere di discrezionalità nell’accettarli o no.
Ma tanto non servirà a niente. Ora bisogna far capire a chi ha creduto di spazzare tutto con l’ennesimo colpo di Stato che siamo stufi di essere ostaggio dei Mercati, tiranneggiati dai dittatori d’Oltralpe.
È un sistema tutto da cambiare. Dobbiamo riprenderci la nostra sovranità di cittadini, che dall’alto dei vari colli di Roma cercano di negarci, decidendo sulle nostre teste, sulla nostra pelle.
Del resto in questi giorni abbiamo avuto la conferma dello scollamento tra chi vive nel Palazzo e noi italiani che lavoriamo e paghiamo per mantenere certa gente permettendole di vivere circondata da una pompa ormai anacronistica.
Avete visto lo sfarzo in cui vive l’inquilino del Quirinale, sulle nostre spalle?
Per fare esempi banali, c’è ancora bisogno dei corazzieri, della signora in guanti bianchi che accompagna il presidente del Consiglio incaricato lungo gli interminabili corridoi, al cospetto… del re? Ennò, il re non l’abbiamo più voluto, la monarchia appartiene al passato, però tutto lo sfarzo (e conseguente spreco) dobbiamo accollarcelo ancora.
No, c’è qualcosa che non funziona. Ed è ora di cambiarlo.
Diana Lanciotti