I grandi strateghi europei… ovvero la disfatta del buon senso
La guerra ci fa capire quanto l’essere umano sia inferiore agli animali. “Siamo andati a salutare Marta e Igor, cercando di non essere tristi perché non sappiamo quando potremo rivederci. È una conoscenza lunga 30 anni. E casualmente mentre stavo cercando qualche notizia è arrivato il tuo whatsapp e siamo riusciti a farlo leggere anche a loro in russo, sul loro cellulare italiano, perché il cellulare russo è stato bloccato. È proprio una situazione tanto triste, specialmente per loro che non sanno neanche se potranno rivedere la loro casa. Speriamo in un colpo di buon senso.” A scrivermi è Giulia, una mia amica che sabato insieme al marito Paolo è andata a salutare, forse per l’ultima volta, gli amici russi che hanno una casa in Italia, dove trascorrono le loro vacanze più volte l’anno. Ora Marta e Igor devono tornare in Russia, ma i voli dall’Italia sono interrotti e dovranno fare un giro infinito per poter tornare in patria. Igor non è mai stato simpatizzante di Putin ma ora, insieme a tanti altri Russi, sta convergendo verso un sostegno totale al presidente russo. È l’inevitabile conseguenza di sentirsi accerchiati, rifiutati, discriminati dal resto del mondo per il solo fatto di essere Russi. Conseguenza prevedibile, ma non per i “grandi strateghi” che hanno deciso di isolare la Russia senza curarsi degli effetti collaterali, compreso l’effetto boomerang. Paolo è stato uomo d’azienda e poi imprenditore di grandi capacità, ha lavorato per anni in Russia, e con la Russia, ancora ai tempi della Perestrojka. Tempi difficili, in cui la povertà era la prima cosa che ti accoglieva quando mettevi piede nell’Unione Sovietica. Ha portato là la sue capacità di fare impresa e ha aiutato tanti russi a risollevarsi dalla miseria lavorando con l’import-export, oltre ad aver avuto un ruolo fondamentale nel promuovere l’export italiano verso la Russia. La Russia, anche grazie a lui, ha potuto apprezzare i prodotti italiani, che finora l’hanno fatta da padroni nelle importazioni estero-Russia. Prima di conoscere Giulia e Paolo, nei riguardi della Russia nutrivo un’enciclopedia di pregiudizi. La immaginavo una nazione tuttora ancorata all’ideologia comunista, arretrata, chiusa in sé stessa, triste. E l’immagine che avevo dei Russi era quella di un popolo comunista fino al midollo, culturalmente chiuso e arretrato, violento, forte bevitore, volgare, arricchito in modo spesso poco trasparente. Perché è così che certa narrativa e certa cinematografia ce l’hanno sempre descritto. Poi, sei anni fa, Giulia e Paolo mi hanno fatto conoscere la Russia. Non ci sono stata, ma mi hanno mostrato video e fotografie e mi hanno raccontato com’è la Russia del ventunesimo secolo. Una Russia che, nel rispetto delle tradizioni, è una nazione moderna, tecnologicamente e culturalmente all’avanguardia, proiettata verso il mondo occidentale, anche se spesso il mondo occidentale, intriso degli stessi pregiudizi che io nutrivo, tende a farla sentire incompresa e respinta. I Russi che Giulia e Paolo mi hanno fatto conoscere in questi anni sono persone con un alto livello di cultura e istruzione, aperte, piene di interessi. Simpatiche, di profonda umanità. La riconoscenza che dimostrano verso Paolo, per averli aiutati a uscire dalla povertà e diventare imprenditori di successo, è oggi forte come allora. L’amicizia e la fedeltà verso Paolo sono tangibili e nel tempo si sono addirittura rinforzate. Quattro anni fa Giulia e Paolo mi hanno presentato Valodia e Gianna. Lui laureato in fisica e lei psicologa e valente pianista. Entrambi, come tutti i Russi che per rispetto della nazione ospite cercano di impararne la lingua, parlano l’italiano. Li ho accolti in casa con una certa diffidenza. Proprio a me, anticomunista viscerale, portano in casa dei russi… Dopo pochi minuti i miei pregiudizi si erano dissolti. Valodia e Gianna mi hanno raccontato la loro storia, la storia di una nazione che dopo i disastri della guerra e del comunismo ha saputo rialzarsi e ritrovare la propria identità e la propria dignità. Tornando a essere una grande potenza. Li ho ascoltati con grande interesse, pensando che i pregiudizi sono davvero un orpello di cui dovremmo disfarci se vogliamo crescere umanamente e intellettualmente. Finché si è arrivati a parlare di passioni. Quella di Valodia è il canto. «Cantaci qualcosa», l’ha invitato Paolo. “Nooo”, ho pensato, preparandomi a sopportare qualche minuto di lagna in lingua russa. Quando, con voce da tenore, Valodia ha attaccato le note di “Oci ciornie” (che, sempre a proposito di pregiudizi, credevo fosse un canto di guerra e invece ho scoperto che significa “occhi neri” ed è una canzone d’amore…) c’è mancato poco che scoppiassi a ridere. Mi pareva davvero troppo che, in casa mia, un russo cantasse una canzone “comunista”. Come se venisse qualcuno a cantare “Bella ciao” (che recentemente ho scoperto che è una bella canzone e non è nata come inno partigiano, ma ha origini molto più lontane). Poi all’ilarità è subentrato l’imbarazzo. La voglia di alzarmi e uscire. Ma quando la voce sempre più vibrante di Valodia ha intonato il ritornello “Oci ciornie, oci ciornie”… qualcosa è cambiato. È lì che è partito lo switch. L’interruttore del pregiudizio si è spento e si è acceso quello della comprensione. “Diana”, ricordo di aver pensato. “Hai davanti a te un uomo, un russo, amico di tuoi amici, che sta onorando te, padrona di casa, con una canzone in cui sta mettendo tutto il suo cuore e la sua passione. Chissà quante volte l’ha cantata, eppure riesce ancora a commuoversi.” Ed è lì che mi sono commossa anch’io. E, vergognandomi per i miei pregiudizi snob di poco prima, mi sono alzata in piedi. Non per uscire, ma per ringraziare Valodia per aver mostrato a noi, che vedeva per la prima volta, la sua anima. Solo a distanza di tempo ho capito di aver ricevuto una delle più grandi lezioni della mia vita: accettare gli altri e aprirsi alla scoperta di mondi diversi dal nostro senza giudicare, ma accogliendolo come un dono. Tutti noi, italiani, russi, ucraini, americani, siamo innanzitutto portatori di anime, prima ancora che di identità nazionali. Ed è con l’anima che dobbiamo imparare a confrontarci. Qualcuno dirà: “ Ma come, c’è una guerra in corso, si invade e si bombarda l’Ucraina, e tu ci fai il panegirico dei Russi?” Immagino, già pronta per andare in stampa, l’etichetta di “filorussa” o addirittura “filoPutin” da appiccicarmi addosso. In un clima generale di tifo da stadio, bisogna per forza essere con A o con B. Tipico delle persone intolleranti e prive di fantasia. Chi mi conosce sa che uno degli impegni della mia vita è sforzarmi di essere super partes in ogni circostanza, di evitare di tuffarmi a favore di una tesi o dell’altra. Anche quando farebbe comodo sposare l’opinione praticata dai più. Non è neutralità vigliacca o non voler prendere posizione per non esporsi, ma è la continua ricerca di mantenere una visione completa, che tenga conto delle ragioni di tutti gli attori convenuti in un confronto. Certo, ora viene facile, ed è normale, prendere le parti degli Ucraini: sono loro quelli invasi e bombardati. Loro che fuggono e soffrono. E infatti la solidarietà del mondo è tutta per loro. Anche la mia, intendiamoci. Soffro con loro e per loro. Ma ciò non mi impedisce di provare una fortissima solidarietà anche nei confronti del popolo russo, discriminato per il fatto di trovarsi da quella che viene frettolosamente considerata “la parte sbagliata della storia”. È lo sbaglio che si fa a confondere i popoli con i propri governanti e considerare i primi colpevoli degli errori commessi dai secondi. A meno di conoscere VERAMENTE la realtà, si dovrebbe evitare di schierarsi ma analizzare i fatti con obiettività, non dividersi come tifosi allo stadio. E invece è tutto un proclamare di voler mettere in ginocchio una nazione, tutto un giubilare per le barche e le case di proprietà russa sequestrate in Italia dalla Guardia di Finanza, mentre ci sarebbe da chiedersi se rientri nei compiti della Guardia di Finanza sequestrare beni per motivi ritorsivi. Perché o dimostrano che le hanno rubate o non pagano tasse o altro, oppure credo sia piuttosto illegale, o perlomeno arbitrario. Oltre che un atto oltraggioso, che non ha precedenti, verso cittadini stranieri. Non si è mai notata, stranamente, la stessa sollecitudine nel sequestrare i beni dei mafiosi italiani, né dei grossi evasori, italiani e stranieri. Chiediamoci: se fosse la Russia a discriminare, mettere sanzioni o sequestrare beni ai cittadini italiani, come la prenderemmo? Proprio ieri ho saputo che la figlia di Vladimir e Svetlana, un’altra coppia di amici di Giulia e Paolo, ha ricevuto offese e minacce nella città in cui vive col marito italiano, nel centro Italia, tanto che i genitori le hanno suggerito di… non parlare in russo. Un clima d’odio pilotato da una campagna mediatica contro il “nemico” russo, che nei pensieri degli odiatori ha preso per sua sfortuna il posto dell’odiato “novax”. Tanto da indurre l’Ambasciata russa a istituire una hotline per le segnalazioni di attacchi e minacce verso i cittadini russi in Italia. Quelli che sono convinti di essere dalla parte giusta, e che ci sia una parte tutta giusta e una parte tutta sbagliata, stanno fomentando odio e discriminazione, condizionati pesantemente dalla stampa, tutta schierata a favore dell’Ucraina, con abbondante uso di fake news e di fake video. Senza mai dire che il popolo ucraino è vittima due volte: prima di tutto del proprio leader che, millantando potenza militare e rivendicando alleanze, lo sta portando al massacro. La propaganda va sempre distinta dall’informazione. Ma sono pochi coloro che riescono a fare questa distinzione, in una società in cui si crede per induzione più che per convinzione. Purtroppo ancora una volta si conferma che l’informazione (o la disinformazione) è una potente arma di distrazione di massa e di distruzione delle facoltà intellettive. Dobbiamo dire NO alla guerra ma NO, anche, a qualsiasi “punizione” verso il popolo russo. Oltre a essere ingiusto, è anche stupido: il risultato sarà di renderlo ancora più unito e compatto intorno a Putin. Anche se i “grandi strateghi” europei non l’hanno previsto e proseguono tronfi e trionfanti nella loro opera di distruzione del patrimonio immobiliare e finanziario dei cosiddetti “oligarchi”, illudendosi di fiaccarli e portarli a più miti consigli. Dimenticandosi che fino a ieri facevano comodo a tutti e che tutti hanno mangiato, con grande soddisfazione, alla mangiatoia russa. E forse, quando sarà tutto finito, li vedremo tornare da Putin col cappello in mano. Ma c’è chi va addirittura oltre e, in questo generale impazzare (e impazzire) di afflati censori, arriva a voler discriminare anche la Cina. È di un paio di giorni fa l’uscita di Tito Boeri, economista (!), su twitter: “Il Governo cinese è sensibile alle esportazioni più che all’isolamento nell’opinione pubblica occidentale. Perché noi cittadini non cominciamo a boicottare i prodotti cinesi, nel senso di non comprarli, fin quando a Pechino smettono di avere atteggiamento di equidistanza?” Questo campione di democrazia, pluralismo e diplomazia è stato presidente dell’INPS fino a tre anni fa. Visto come ragiona, si capiscono tante cose. E intanto arriva la notizia che, e mi meraviglierei del contrario, Mosca ha inserito anche l’Italia tra i Paesi ostili per aver applicato pesanti sanzioni alla Russia. Dall’altra parte, Draghi e Ursula von der Leyen annunciano ulteriori inasprimenti contro la Russia e nuovi aiuti all’Ucraina. In testa l’Italia, che sta inviando quantità e tipi di armi su cui noi cittadini non abbiamo diritto di metter becco, tanto che hanno secretato il decreto attuativo. Armi che, consegnate seguendo canali non ufficiali, rischiano di finire nelle mani di terroristi che, un bel giorno, le useranno per compiere attentati contro l’Occidente, in segno di gratitudine per averli generosamente armati. Ma, si sa: noi Italiani siamo sempre i pionieri… come per il Covid: adottiamo le misure più drastiche vantandoci di essere i primi e che gli altri, prendendoci a modello, ci seguiranno. Dopo due anni di pandemia li stiamo ancora aspettando… Non è chiaro cosa credono di ottenere, i “grandi strateghi” europei. Di ammansire il leone russo e trasformarlo in un docile agnellino? Dopo essersi spinti per anni fin sotto casa sua con basi e armamenti, erodendo piano … Leggi tutto I grandi strateghi europei… ovvero la disfatta del buon senso
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