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Forza, Eluana

Ne stanno (ne stiamo) parlando tutti. Non c’è giornale o trasmissione tv in cui non si stia dibattendo della vicenda di Eluana Englaro.
In molti mi stanno chiedendo un parere.

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Mi sono interrogata a lungo, per capire come la penso, e mi è venuto in mente che cosa pensavo e dicevo (e scrivevo su questo sito) nel marzo 2005 a proposito di una vicenda analoga: il dramma di Terry Schiavo. Vi ricordate? Quella donna americana in coma da anni per la quale il marito chiedeva di “staccare la spina” mentre i genitori la volevano tenere in vita. Allora scrissi (perché lo pensavo) che non riuscivo a prendere posizione e, anzi, auspicavo che si smorzassero i toni e si spegnessero le luci sulla tragedia di questa donna e della sua famiglia.
Ora la penso esattamente allo stesso modo. Quella di Eluana e della sua famiglia è una tragedia talmente grande che nessuno di noi, nessuno che non sia direttamente coinvolto, può capire o giudicare.
Non riesco a capire come si possa, invece, assumere posizioni così nette e assolutiste in un campo così fluido come quello dell’etica.
Ma pare che questa nostra società della comunicazione, in cui tutto esiste solo se va in tv o viene brutalmente sbattuto sui giornali, non tolleri posizioni neutre o comunque non nette. La tv, soprattutto, vuole e pretende lo scontro, la contrapposizione feroce tra schieramenti. Maria De Filippi docet. Non ho mai visto (salvo qualche spezzone, che comunque mi è bastato per farmi un’idea) una delle sue trasmissioni, che trovo fasulle, grottesche, di una pacchianeria infinita. Però guardando Zelig, dove ne fanno una parodia, ho appreso che esiste una trasmissione della De Filippi che si chiama “Uomini e donne” dove i partecipanti (ovviamente seguendo un preciso copione.. nessuno crederà ancora, spero, che in tv esista ancora l’improvvisazione?…) si scontrano dall’inizio alla fine, dicendosene di tutti i colori, in una volgare recita a “beneficio” degli spettatori assetati di risse. Be’, del resto una volta i nostri antenati andavano in arena a vedere i combattimenti tra uomini e leoni… adesso, che siamo molto più “civilizzati”, ci accontentiamo dei combattimenti televisivi tra la sciacquetta e lo sciacquetto di turno, che pur di andare in tv si venderebbero anche la nonna. Ecco che cos’è diventato il mondo dell’informazione: un’arena rissosa in cui persone che un tempo non avrebbero avuto l’occasione di mostrarsi e di “essere qualcuno” accettano di scontrarsi, offendersi, accapigliarsi, in nome dell’audience e di un misero scampolo di notorietà.
E “Uomini e donne” non è altro che l’esempio (il pessimo esempio) della situazione in cui versa la nostra televisione (e temo, buona parte della nostra società.)
Ed ecco allora perché ora una questione così grande, seria, grave e importante come la vicenda di Eluana viene data in pasto alla curiosità morbosa del pubblico ricorrendo agli stessi sistemi, agli stessi scontri tra posizioni. E chi ha un’opinione tentennante, possibilista, con questo sistema delle contrapposizioni esacerbate deve per forza prendere una posizione netta e arroccarsi nelle proprie opinioni, pena… non essere invitato in tv a dissertare in questo o quest’altro talk show.
Da giorni ho il televisore in riparazione e mi ero finora salvata dai dibattiti su Eluana, così come da tutti gli obbrobri che la tv ci propina (dalla faziosità bavosa di Santoro e di Travaglio, alla melliflua falsità di Floris, all’untuosa arroganza di Fazio o alla volgare sguaiatezza della Litizzetto o della Ventura). Stavo bene, senza essere raggiunta da tante volgarità. E invece ieri sera sono andata a salutare i miei genitori che avevano la televisione sintonizzata su “Porta a porta” dove si parlava, manco a dirlo, di Eluana. Sono rimasta a guardare e ascoltare. Del resto mi piace conoscere il parere degli altri. Solo che in questo caso mi sono meravigliata di come si possa avere un parere, e così netto, su una questione che attiene alla coscienza.
Il senso, anzi il format, della trasmissione prevede che ci siano due opposti schieramenti che sostengono tesi diametralmente e inconciliabilmente opposte. E ovviamente tutti i partecipanti (anzi, dovrei dire i contendenti) sono tenuti a stare al gioco, pena la sospensione da parte del maestro Vespa. E così ne ho sentite e viste di tutti i colori. Il medico che afferma che una persona in coma non soffre (“è scientificamente provato”, afferma) o che se una cosa non è pubblicata sulle riviste scientifiche non esiste (accidenti, io non sono pubblicata su nessuna rivista scientifica… vuoi vedere che non esisto?) O la sottosegretaria del governo che tra sorrisini vari sostiene che smettere di alimentare Eluana vuol dire farla morire di fame, e la moglie di Luca Coscioni che sostiene che tutti hanno diritto a rifiutare le cure e ne fa una battaglia civile e politica, e il monsignore che si offende perché qualcuno gli ha messo in bocca parole che dice di non aver detto (ma si tratta di questioni di lana caprina) ed è più preoccupato a fare gli occhiacci e a scagliare virtuali anatemi che a dire una parola di conforto e speranza che molti si sarebbero aspettati; o la giornalista che ha scritto un libro e quindi arriva a mettere la ciliegina sulla torta e a spiegare a tutti come stanno veramente le cose, perché lei ha fatto un po’ d’interviste e quindi è lei la detentrice della verità. O, infine, il conduttore che minaccia tutti di mandarli a casa con un voto brutto in pagella, perché qualcuno si è permesso di dire che forse non era giusto mostrare in tv la sofferenza di persone in stato vegetativo, che, essendo appunto così ridotte, non avrebbero avuto la possibilità di firmare una liberatoria.
Insomma, in tutto questo teatrino in cui i vari personaggi recitavano una parte, non ho sentito nessuna vera partecipazione al dramma di Eluana. Eluana è diventata semplicemente il soggetto di una sceneggiatura, non era più un essere vivente, ma a seconda dei casi ne hanno fatto il simbolo di una battaglia politica per i diritti dei malati o, al contrario, di una battaglia religiosa per i rispetto della vita.
Insomma, alla fine ho avuto la sensazione che a nessuno di quei signori che recitavano la loro parte interessasse davvero qualcosa di Eluana. Erano tutti troppo preoccupati di poter proclamare i propri principi, anziché preoccuparsi del vero dramma umano che una donna in stato vegetativo da anni e la sua famiglia stanno vivendo.
Ed ecco che arrivo a rispondere a chi mi sta chiedendo come la penso: non la penso per nulla, non voglio pensarla, e ancor meno la penso dopo aver visto che cosa significa prendere delle posizioni nette. Non è una posizione di comodo, ma l’ammissione di un’incapacità di arrivare a capire la portata di un dramma che, come ho già detto, fin che non lo vivi non puoi capire. Non è che si debba per forza avere un’idea su tutto, credo.
Ho sentito qualcuno, in questo periodo, invece, dire con assoluta certezza che il padre non si è mai commosso, in tv, e che quindi di Eluana non gli interesserebbe nulla. O qualcuno che dice che è giusta la decisione dei giudici. Peccato che la loro decisione sia basata su testimonianze di una dichiarazione che Eluana avrebbe fatto tanti anni fa, in circostanze particolari.
Ma adesso, come la pensa, o la penserebbe, lei?
Mah… io spero solo che Eluana avverta in qualche modo la pressione che circonda il suo caso e… dia un segno. Un segno della sua volontà: che non può essere quella di un padre più o meno misericordioso, quella di un politico che decide di sfruttarla per “portare avanti” una battaglia, quella di un prete che dice che la vita è sacra (ma non sa spiegare se la condizione in cui Eluana si trova può essere ancora definita vita), o quella di un giornalista che vuole fare ascolto e allora mette l’una contro l’altra persone che farebbero più bella figura a tacere e a fermarsi a riflettere. In silenzio. Con rispetto. Via dalle luci dei riflettori. E dalla politica.

Diana Lanciotti

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