Evviva la libertà di stampa!
Alessandro Sallusti, direttore de Il Giornale, è stato condannato a 14 mesi di carcere per un articolo non scritto da lui.
Chissà se l’avesse scritto lui… gli avrebbero dato l’ergastolo?
In questi giorni, con la condanna di un giornalista per un reato d’opinione, è venuto alla luce un altro volto dell’Italia, quella più parziale, giustizialista, contraddittoria. Una schifezza, insomma.
Vediamo i fatti: un giornalista, che si firma Dreyfus, scrive un articolo di una stupidità colossale, rifacendosi a un fatto di cronaca, reinterpretandolo a modo suo e farcendolo (uso una selva di gerundi, che di solito non uso ma qui ci stanno) di frasi melodrammatiche, con stile e tono degni della peggior Liala.
Si tratta di una tredicenne che secondo l’articolista sarebbe stata costretta ad abortire dai genitori e dal giudice, lei che voleva tenersi il piccolo. In realtà gli atti giudiziari dicono che la ragazzina non aveva la minima intenzione di tenersi il bimbo. Però se così fosse stato, se lei cioè fosse stata consenziente, il nostro buon Dreyfus come avrebbe potuto scrivere frasi come “Lei proprio non voleva. Si divincolava…” e ancora “Strappare in fretta quel grumo dal ventre della bimba.” E ancora: “Ci sono ferite che esigerebbero una cura che non c’è”. Per finire, in un’apoteosi di stupidità, con: “…se ci fosse la pena di morte, e se mai fosse applicabile in una circostanza, questo sarebbe il caso. Per i genitori, il ginecologo, il giudice.”
Comodo ergersi a… giudice quando non si è coinvolti, quando non si hanno tredici anni e non si rimane vittima di un gioco sbagliato, o di un’illusione, o dell’inesperienza, o della propria ignoranza (delle cose della vita, intendo) e poi dire che cosa andava o non andava fatto. Ci sono situazioni, che attengono la sfera più intima e profondamente morale (come fu anni fa il caso di Eluana Englaro, sul quale tutti si sentirono chiamati a esprimere i propri pareri, pur essendo lontani anni luce dalla situazione in oggetto), sulle quali sarebbe meglio non esprimersi. Sarebbe meglio un silenzio tombale, soprattutto quando si è giornalisti e si scrive solo per portare a casa il corrispettivo per un pezzo scritto magari mangiandosi un panino con la mortadella, e infarcito, invece che di mortadella, di melassa, di toni forti, di pugni nello stomaco, di frasi a effetto. E questo sarebbe giornalismo…
Non sto criticando Sallusti, attenzione. Sallusti infatti non è l’autore di quello stupido pezzo. Lo è invece un altro giornalista, già radiato dall’ordine tempo fa e che ha lasciato che il suo direttore di allora venisse condannato per un reato non commesso. E solo oggi, dopo che Vittorio Feltri l’ha smascherato pubblicamente, questo si decide ad ammettere la verità.
Ma passando oltre la miseria di certe persone che accettano che altre si prendano su di sé le proprie colpe, come giornalista voglio esprimere tutta la mia solidarietà al direttore dimissionario del Giornale.
La sua condanna, oltre che evidentemente sbagliata, è l’esempio lampante delle contraddizioni di un’Italia che è sempre pronta a perdonare i lestofanti (vedi i politici, i banchieri e i servi dei banchieri che ci governano) o i delinquenti incalliti, ma che è pronta a mettere in gabbia un uomo per le proprie opinioni.
Concludo ribadendo la mia condanna verso questa condanna assurda e ingiusta, che pone l’Italia alla stregua di un paese come la Corea del Nord, dove la libertà di stampa è un concetto nemmeno immaginabile, e mi complimento con i colleghi giornalisti, soprattutto quelli delle testate “liberali” di sinistra, per essersi prodotti in salti mortali con avvitamenti multipli per commentare la vicenda senza offendere la giustizia e senza dar troppo ragione a quel “fascista” di Sallusti. Che, se fosse per loro (che dietro l’espressione mesta di facciata si sfregano le mani) di carcere se ne farebbe 14 anni, altro che 14 mesi!
Diana Lanciotti