Angel
Carissima Diana,
Angel… il mio Angel si è trasferito nel mondo dell’arcobaleno con tutti gli altri angeli come lui. Negli ultimi mesi la mia vita è stata quasi totalmente consacrata a lui, lui che deperiva sempre di più, lui che perdeva sempre più le forze, lui che a un certo punto non riusciva neanche più a usare il carrellino, neanche con il nostro aiuto, lui ha cominciato ad avere bisogno di massaggi per liberarsi l’intestino e la vescica… Quante volte la veterinaria di riferimento – e le sue colleghe- mi ha detto di addormentarlo. Una volta mi aveva chiesto di far entrare mia madre perché secondo lei era giunto il momento. Ma per Angel no.
Ho avuto due persone che mi hanno aiutato a capirlo, mi hanno rassicurato dicendomi che ce l’avrei fatta, a capirlo, avrei saputo quando sarebbe stato il momento.
E intanto ho continuato a leggergli i tuoi libri, a lui e ai suoi compagni, nelle meravigliose notti passate assieme nel salone di casa… Abbiamo letto “Boris angelo custode”, di “Paco il Re della strada” gli ho letto solo l’inizio, prima dell’abbandono, volevo leggergli di momenti felici, e allora ci siamo gustati “In viaggio con Paco”, un mondo, quello della vela, tutto nuovo sia per me che per lui, poi letto e guardato le foto di “Paco simpatico ragazzo”… l’ultimo libro, cominciato da poco è stato “Una gatta che venne dal bosco”, perché Angel fin da subito aveva mostrato una spiccata simpatia per il micio di casa, Gorby. Sicuramente aveva avuto come compagno di vita un gatto…
Ho continuato a portarlo al campo, anche quando ormai muoveva solo la testa, perché annusasse l’erba, l’aria di quel posto che aveva sempre amato e che lo aveva visto correre da pilota provetto col suo carrellino. Una volta, tornati a casa, mi aveva dato una leccata sul viso, lui che non era mai sto un “linguaccione”.
È riuscito a festeggiare i suoi 11 anni, il 10 dicembre: campo, tortino di carne, un “11” di prosciutto cotto con biscottini a forma di cuore, e spumante per me e mia madre in suo onore.
Poi sono seguiti giorni uggiosi, non si poteva andare al campo. Erano due notti che passavamo tutta la notte fianco a fianco… Al ritorno a casa gli ho dato da mangiare. Ha stentato a finire, lui che ha sempre divorato tutto. Ho cominciato a capire, meglio tardi che mai… Volevo che l’ultima cosa che mangiava fosse un biscottino a cuore, e lui si è sforzato per mangiarlo. Sembrava però tranquillo come al solito… Non ero sicuro… Mi ero premurato di trovare una veterinaria che venisse ad addormentarlo a casa, ma la vigilia di Pasqua non c’è stato verso, abbiamo telefonato a tutti i veterinari che abbiamo trovato, ma niente.
Alla fine abbiamo dovuto portarlo in clinica. Però era sulla coperta che poche ore prima lo aveva protetto in campo, con ancora il profumo dell’erba, con la sua pallina, con me, con mia madre… ho provato a ripetere i nostri momenti canonici prima di dormire, leggendogli qualche riga de “La gatta che venne dal bosco”. Si è addormentato subito immediatamente dopo l’iniezione, cosa che mi ha rassicurato sul fatto che fosse pronto… sono quasi riuscito a non piangere… non volevo che la sua ultima immagine di me in questa sua vita fosse con le lacrime.
Fabio
Caro Fabio,
sai che mi hai lasciata senza parole? Sai descrivere così bene le situazioni e i sentimenti che mi hai fatta partecipare e soffrire con te.
La tua email, che ho tagliato per ragioni di spazio e di privacy, capita due giorni dopo la scomparsa del nostro Smoky, il nostro gatto amatissimo, adottato al gattile dopo la scomparsa della Maggie, due anni e mezzo fa. Anch’io avrei bisogno di dare sfogo al mio dolore attraverso la scrittura, ma come sempre succede quando perdo uno dei miei cari a 4 zampe mi sento bloccata. Eppure so che mi farebbe bene parlarne. Ma per ora voglio condividere solo con me stessa e mio marito il dolore per il nostro tesoro che ci manca tremendamente. Dico sempre che non bisogna aver paura di soffrire, quando ci lasciano, non dobbiamo cercare di sfuggire al dolore, di scacciarlo: dobbiamo assaporarlo, “gustarlo fino in fondo”. So che sembrerà una frase bizzarra, e non tutti la capiranno. Ma so che tu la capisci benissimo. Il momento dei (bei) ricordi arriva dopo, per ognuno in modi e tempi diversi.
La tua email, che la prima volta non mi era arrivata, è di diversi mesi fa e spero che nel frattempo qualcosa sia cambiato, che sia subentrata la serenità oltre all’inevitabile accettazione. Non possiamo farci nulla, quando succede. L’importante è che abbiamo fatto di tutto per farli vivere felici, amandoli e rispettandoli. E apprezzare ciò che ci danno quelli che restano, anche se non ci danno le stesse cose di chi ci ha lasciati. Ma è giusto così: ogni gatto, ogni cane, così come ogni essere umano, è diverso dall’altro. E aspettarci che qualcuno sia la fotocopia vivente di chi non c’è più è il torto più grande che possiamo fargli.
So che non è il tuo caso, come non è il mio. Però sento spesso persone che vorrebbero trovare le stesse caratteristiche di un cane o un gatto scomparsi in un nuovo cane (o gatto) o in chi è rimasto. L’unicità di ogni essere vivente, che è quella che ce lo fa o no amare, non è riproducibile. Per fortuna, vorrei dire.
Sarà capitato anche a te, come è successo anche a me in passato, di sentirti dire “devi reagire” o “ non pensarci” o “ti passerà”: frasi dette in buona fede, ma che fanno venire il dubbio che chi le pronuncia sia davvero a corto di argomenti o non abbia mai sperimentato l’amore per e di un animale. Quindi mi guarderò bene dal dirtele, ma ti dico, piuttosto, lascia fare al tempo, lascialo scorrere e non aver paura di versare lacrime: è il minimo che possiamo fare per loro, con gratitudine per tutte le cose belle che ci hanno dato. E che restano dentro di noi, in modo che possiamo attingervi quando ne sentiamo il bisogno, e nessuno ci porterà mai via.
Un abbraccio
Diana

