Allarme OMS: Chi mangia carne avvelena sé stesso… (e il nostro pianeta)
A dire “L’avevo detto” si risulta sempre antipatici, però stavolta voglio rischiare.
Non solo l’avevo detto, ma l’avevo scritto. Ci avevo scritto un libro, su questo argomento.
A che cosa mi riferisco? All’allarme, che è di questi giorni, lanciato dall’OMS (l’Organizzazione Mondiale della Sanità, mica gli ultimi arrivati) sulla cancerogenità della carne.
La notizia ci viene data in modo scarno dall’ANSA:
“Le carni lavorate come i wurstel “sono cancerogene”, e vanno inserite nel gruppo 1 delle sostanze che causano il cancro a pericolosità più alta come il fumo e il benzene. Lo afferma l’International Agency for Research on Cancer (IARC) dell’Oms. Meno a rischio quelle rosse non lavorate, da inserire fra le “probabilmente cancerogene”.”
Poche parole, ma direi che bastano. E sono bastate per scatenare reazioni di tutti i tipi, come quella degli oncologi italiani che invitano a evitare allarmismi… proprio loro che, se sanno fare il loro mestiere, sanno benissimo che una delle cause del cancro al colon è proprio l’alimentazione carnea.
Ma chi ha il coraggio di mettersi contro le grosse multinazionali della carne? Quanti media avranno il coraggio di dare il giusto peso alla notizia, senza curarsi di perdere investimenti milionari dagli inserzionisti produttori di carni e affini? Chi lo farà dimostrerà coraggio, lungimiranza, obiettività e attenzione alla salute dei cittadini.
Sorprendeteci, signori: siamo in attesa di smentite!
Ma vi rendete conto? La carne ha la stessa pericolosità del fumo e del benzene…
Ci stiamo avvicinando all’orlo di un precipizio, da tempo abbiamo schiacciato il pulsante dell’autodistruzione, ma per fortuna ogni tanto arriva qualcuno a tenderci una mano, a farci rinsavire, a farci tornare sui nostri passi. Così non si può andare avanti, tra insulti al pianeta in cui viviamo e anche a noi stessi, visto che con lo stile di vita che conduciamo sembriamo essercela giurata: sì, a noi stessi, alla nostra salute, al nostro benessere psicofisico.
Certo, adesso tutti si scatenano e scateneranno a dire che la carne italiana è sicura, che comunque mangiarne poco non è così grave… e poi ci sciorineranno i dati sull’occupazione che l’industria della carne e derivati crea.
Certo, non sarebbe bello che migliaia e migliaia di lavoratori perdessero il loro posto, però… non è solo da oggi che si sa che la carne non fa tanto bene… E allora perché non provvedere prima, non pensare a una soluzione diversa, che si chiama riconversione? Se si fosse fatto tanto tempo fa, ora non saremmo qua a dover negare la verità (che la carne fa male) e accettare di continuare ad avvelenarci pur di non far perdere il posto a lavoratori che, alla fine, sono le vittime di una mancanza di lungimiranza e di scelte di comodo dettate dal puro e più ottuso interesse commerciale.
L’allarme dell’OMS arriva qualche tempo dopo lo scandalo dell’Italcarni, l’azienda bresciana che macellava carne adulterata e infetta, per non parlare delle vere e proprie torture inflitte agli animali.. ma già, tanto di quelli chi se ne importa?.
E allora, vogliamo ascoltare le voci che arrivano sempre più spesso per farci almeno riflettere se questo sia il modo di vivere più giusto o se, piuttosto, non ce ne sia uno più accettabile, più rispettoso di noi stessi e del mondo che ci circonda?
Per carità, non ho intenzione di assumere toni da predicatore… e allora, allora farò parlare uno dei personaggi de La vendetta dei broccoli, il mio giallo vegetariano con cui ho cercato di trattare le tematiche alimentari attraverso una storia di delitti e… castighi. A parlare è uno dei cuochi presi di mira dal “serial killer dei broccoli”, questo strano giustiziere che firma ogni delitto con un broccolo.
La storia e i personaggi sono di fantasia, ma non è affatto frutto di fantasia ciò che faccio dire al mio personaggio, in un’intervista-choc in cui denuncia ciò che, a distanza di poco più di un anno dal lancio del libro, è venuto di nuovo fortemente alla ribalta: che la carne non è l’unica opzione che abbiamo per cibarci. Anzi…
Ed ecco quanto dice Mario Cecchetti, famoso cuoco “carnivoro”, tra i personaggi principali del mio libro:
«…più del cinquanta per cento dei gas serra (anidride carbonica, metano, ossido di azoto e altri) viene emesso dagli allevamenti industriali di bestiame. Allevare animali da reddito inquina molto ma molto di più di quanto inquinino tutti i veicoli circolanti su tutto il pianeta (…) La vita degli animali allevati per nutrirci è un vero inferno. Ogni giorno, per soddisfare usi e consumi che potremmo facilmente modificare se solo lo volessimo, noi esseri umani “superiori” creiamo sofferenza e morte (…) C’è una quantità esagerata di gente che muore di fame e, invece di pensare a sfamarla, si allevano intensivamente animali per farne carne che servirà a nutrire chi di fame non muore di certo. E, anzi, rischia di morire proprio perché mangia carne, visto che è anche cancerogena (…) C’è un altro fattore che preferiamo ignorare: la sofferenza. Se tutti noi, quando ci ritroviamo nel piatto una bistecca, o un petto di pollo, o una costata di cavallo, ci chiedessimo da dove viene, quante sofferenze ha causato; se fossimo noi, come facevano i nostri antenati, a dover squartare un maiale, un cervo, una lepre, un cinghiale, e lasciarlo dissanguare, vedere la carne che si lacera, le interiora che si riversano fuori dal corpo, se vedessimo le ultime pulsazioni del suo cuore, i suoi occhi che si spengono, se vedessimo il terrore di un vitellino o di un puledro portati al macello (…) Proviamo… sì, proviamo a immaginare un vitellino, con quegli occhioni dolci e teneri. Come tutti i cuccioli, pure lui nasce per crescere accanto alla sua mamma, berne il latte per farsi forte. Almeno così succederebbe in un mondo normale. In un mondo che rispetti la natura e le sue leggi. Invece, per quel vitellino nato non per vivere libero nei campi ma per finire nei nostri stomaci, non ci sarà mai il latte della mamma, ma solo latte in polvere, senza sapore e calore, pieno zeppo di vitamine, ormoni e sostanze tossiche per accelerare la sua crescita. Tossiche per lui, ma anche per noi che domani mangeremo la sua carne. E lui, invece di crescere libero seguendo la natura, sarà costretto a vivere incatenato, immobilizzato, perché i suoi muscoli non si sviluppino e le sue carni diventino anemiche, perché così le vuole il mercato… Così vogliono i mangiatori di carne, che chiedono scaloppine tenere che si sciolgono sotto i denti, bistecchine pallide, incolori, inodori, insapori.»
Così dice Mario Cecchetti, personaggio di fantasia di un romanzo di fantasia, dove però tutte le opinioni sul consumo di carne sono assolutamente vere e documentate.
E spero possano contribuire alla riflessione su un problema di portata mondiale.
Diana Lanciotti