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Pellicce? NO, grazie!

Sul numero di novembre del mensile “Amica” è stato pubblicato un articolo intitolato “Animalisti e moda: dialogo impossibile?”
L’articolo riporta affermazioni che stridono fortemente con le convinzioni di una grande parte di pubblico che rispetta gli animali e non se ne ciba e tanto meno li indossa. Persone tacciate di integralismo, fanatismo e incoerenza dall’autrice del pezzo.
Diana Lanciotti, in veste di fondatrice e presidente onorario del Fondo Amici di Paco, associazione nazionale per la tutela degli animali, ha scritto una lettera alla direttrice del mensile, esponendole le proprie riflessioni sul tema.

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Gentilissima direttrice,
mi hanno segnalato un articolo apparso sul numero di novembre di Amica, firmato da Rosa Matteucci. La signora si definisce scrittrice, e come tale ha forse voluto fare un esercizio di stile prendendo un teorema, "Amo gli animali. Devo proprio rinunciare alle pellicce?", e sviluppandolo in modo che definirei fantasioso per non dire strampalato.
Come giornalista, capisco che, venendo da una rivista come Vanity Fair e chiamata a salvare le sorti di un mensile che da tempo arranca incerto nel panorama giornalistico italiano, Lei abbia voluto ricorrere alla provocazione. Lo facciamo in tanti, no?
I risultati li sta avendo, a quanto pare, perché il mondo animalista (e non solo quello strettamente inteso) è insorto.
"Purché se ne parli", qualcuno potrebbe dire.
Tutta pubblicità. Tutto fa brodo. Come le galline che, secondo quanto predicato da Rosa Matteucci, tutti dovremmo mangiare in quanto, come lei asserisce, "da sempre siamo onnivori e per questo anche carnivori".
Sono palesi l’illogicità e la ridicolezza di una tale affermazione (se Rosa Matteucci si fosse informata avrebbe scoperto, e potrebbe ancora scoprire, che sia l’apparato masticatore che quello digerente di un essere umano non sono di certo quelli di un carnivoro…), così come di quella per cui "Quasi nessuna donna, nemmeno quella più sensibile, per storia personale, educazione familiare o indole, ai fondamenti dell’etica animalista, resiste al piacere di accarezzare e di indossare una pelliccia.[…] Le donne sono per istinto attratte dal lusso e dal piacere del contatto fisico con le pellicce.”
A ben vedere, lette queste due dichiarazioni il resto dell’articolo meriterebbe di essere coperto da un pietoso velo. E però, visto che ormai sono in ballo, continuo a ballare per farLe notare (e Le chiederei la cortesia di farlo notare anche a Rosa Matteucci), che tutto il pezzo (ma gliel’avete pagato?) si basa su affermazioni risibili e senza fondamento, che non mi prendo la briga di analizzare una per una, ma sono certa che lei, rileggendole, saprà riconoscere.
Certa di rappresentare il pensiero di buona parte dei sostenitori dell’associazione che ho avuto il privilegio di fondare (e che mi ha fatto capire che amare gli animali non ha nulla a che fare con l’integralismo e il fanatismo), vorrei far notare a Rosa Matteucci che chi è contrario alle pellicce è il più delle volte anche contrario a cibarsi di animali. In perfetta coerenza.
Esistono, certo, aree di contraddizione, per cui qualcuno dice no alle pellicce ma poi si ciba di carne, ma si tratta di aree che nel tempo si sgretoleranno sotto la pressione della coscienza e della consapevolezza.
Come è successo a me, del resto. Io stessa ho mangiato carne e pesce fino a una quindicina d’anni fa, e da ragazza ho avuto un paio di pellicce. E ora, più che vergogna (anche gli errori fanno parte del cammino evolutivo della nostra esistenza), provo un senso di stupita estraneità nel ricordare quella ragazzetta che si pavoneggiava all’interno di una nidiata di visoni morti o di un branco di dieci, dico dieci, lupi siberiani. Erano pellicce splendide, sontuose. Peccato che io, che già allora stravedevo per gli animali, non fossi in grado di fare il collegamento tra quelle cose che mi portavo addosso e il cagnolino con cui giocavo in giardino, o il micio con cui condividevo la scrivania durante le ore di studio, o il lupo che ammiravo nei documentari naturalistici.
Ho la scusa che ero giovane, molto giovane, e si era in un’epoca (fine degli anni settanta, primi degli anni ottanta) in cui non era ancora nata una riflessione sul ruolo che gli animali dovrebbero avere nella nostra società. Si era presi da altro per preoccuparsi di queste tutt’altro che secondarie questioni.
Per fortuna ora, da anni e con gioia, faccio parte degli oltre sette milioni di italiani (una cifra in forte aumento, e senza flessioni, ogni anno, anzi direi ogni giorno) che non mangiano carne e pesce, e dei milioni di italiani che amano e rispettano gli animali al contrario di quanto accadeva in un’epoca alla quale Rosa Matteucci sembra ancora appartenere.
Eppure siamo coetanee. E allora come mai lei è rimasta là e non si schioda da certi consunti e obsoleti cliché? Forse io sono stata più fortunata e ho potuto vivere esperienze che hanno fatto maturare in me un profondo amore e un incrollabile rispetto per tutte le specie viventi. Valori radicati in me, come in tanti altri.
Persone capaci di fare il salto di qualità, di prendere coscienza del fatto che gli animali non si ammazzano, né per cibarsene né per adornarsene. Persone che non si avviliscono vestendosi di "rude canapone", ma si divertono a vestirsi, così come a cibarsi, di qualcosa di alternativo rispetto al cadavere di un animale.
Certo, molte donne amano il contatto fisico con la pelliccia; è capitato anche a me, ma ora ne sono totalmente pentita. Se devo cercare un contatto con la pelliccia lo cerco nel pelo caldo e pieno di vita dei miei mici o dei miei cani.
Come Le dicevo, se voleva o volevate provocare i risultati li avete avuti. Però mi aspetterei (e anzi La invito a farlo sul prossimo numero) non tanto una rettifica, quanto una rivelazione che avrebbe il potere di attirare tante simpatie al Suo mensile, che ne ha quanto mai bisogno: "Care lettrici, abbiamo scherzato. Volevamo provocarvi e ci siamo riuscite."
Del resto era un numero di prova, no? E allora potreste provare a fare le cose un po’ più seriamente, magari. E magari a risparmiarvi di dover pagare articoli che non portano niente di buono a nessuno, se non a chi li ha scritti.
Augurandole ogni bene per il futuro di una rivista che auspico possa rivelarsi attenta, più che ai diktat delle case di moda o delle aziende alimentari, alle reali aspettative di un pubblico che è ben diverso dalle donne descritte da Rosa Matteucci, La saluto cordialmente

Diana Lanciotti
presidente onorario
Fondo Amici di Paco
Associazione nazionale per la tutela degli animali

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