I complimenti fanno bene
Carissima Sig.ra Diana Lanciotti,
lei è……la mia rovina!!!!!
La notizia dell’uscita del suo nuovo romanzo Red Devil, ha fatto sì che prendessi in mano nuovamente Black Swan e Wite Shark, che avevo cercato di “nascondere” nella libreria, per evitare di consumare del tutto le loro pagine, tralasciando il libro (sa che non ricordo nemmeno cosa fosse) che stavo leggendo, in attesa di potermi tuffare tra le pagine della sua ultima fatica.
Conoscevo da tempo alcuni suoi scritti a tema “pelosi” e ne ero rimasta positivamente colpita. La lettura dei suoi romanzi mi ha letteralmente fulminata. Li ho letti e riletti, a volte interamente, a volte alcuni passi. Soprattutto White Shark è “il mio romanzo”, mi appassiona oltre ogni misura, lo “sento” e, per ironia della sorte, Tellaro, insieme a Lerici, Palmaria e Portovenere sono luoghi estremamente significativi per me!
Purtroppo a questo lato positivo, a questo mio entusiasmo per i suoi scritti, secondo me magistralmente composti, corrispondono aspetti decisamente non piacevoli: ore di sonno perse (la mia sveglia suona alle 6,30 e mi sono dovuta imporre di spegnere la luce alle 3); incapacità per mesi di leggere e, soprattutto, apprezzare altri libri, altri autori; la mia mente spesso e volentieri lontana dalla realtà, impegnata a pensare, assimilare e vagliare i miei sentimenti e alcuni fatti della mia vita che, dopo la lettura dei suoi scritti, riesco a comprendere e metabolizzare meglio.
Essendo una DianaLanciotti dipendente, e in attesa di tuffarmi nella sua nuova fatica, la esorto quindi a continuare questa strada.
Con ammirazione
Cristina F.
(clicca su “Leggi tutto” per leggere la risposta di Diana)
Cara Cristina, le dirò che ho riflettuto parecchi giorni prima di decidermi a pubblicare questa sua lettera.
Innanzitutto grazie per tutti i complimenti. Ma è questo, il punto: sono talmente tanti, e tutti talmente belli e soprattutto non banali, che c’è da… montarsi la testa.
Mi sono detta: chi leggerà questa lettera crederà che me la sia scritta io. Non è passato molto tempo dal giorno in cui una signora, che non so per quali motivi ce l’ha con me, ha insinuato che… io mi scriverei le recensioni che appaiono sui giornali. E’ evidente che questa signora non sa come funzionano le cose, o comunque che il livore che nutre nei miei riguardi (sinceramente non ne conosco il motivo, visto che non ho mai avuto il "piacere" di incontrarla) le obnubila tanto il comprendonio da farle dire o pensare cose che non stanno né in cielo né in terra. Ma lasciamola perdere. Anzi: lasciamola nel suo brodo.
Veniamo a noi.
Lei, Cristina, mi dice delle cose bellissime. L’ho già detto, lo so. E lo dico con sincerità e il cuore in mano. Sono le cose che qualunque scrittore vorrebbe sentirsi dire. Tanto che, a vederle scritte, potrebbero sembrare non vere. E invece so che sono vere e sincere, perché lei non ha nessun motivo per farmi complimenti immotivati. Certo, se mi avesse scritto, che ne so, che sono bellissima, avrei preso i complimenti come una pura esagerazione e li avrei lasciati lì.
Ma lei mi tocca nel mio punto debole: la scrittura. La mia passione. Ciò per cui sento di avere davvero una vocazione. Ciò che mi fa sentire bene e appagata quando riesco a dedicarmici. Ciò per cui mi impegno con tutta l’anima, che mi appassiona. La cosa, credo, che so fare meglio nella vita. Perché mi piace. Perché fa parte di me.
La scrittura fa parte del mio dna. Ho iniziato a sei anni a sentirmi dire che ero brava a scrivere e che avevo una fantasia sconfinata. E a sette anni iniziavo a imbastire nella mia testa la trama di un romanzo, che non ho mai scritto.
Sognavo di fare la scrittrice. Ma per un bel pezzo ho pensato che fosse solo un sogno. E così ho seguito il percorso che la stragrande maggioranza segue. Studi, lavoro. Poi, per caso (un caso strano che pochi conoscono) nel 1993 ho scritto il mio primo racconto. Di getto. Come uno sfogo.
Ero furiosa per una questione personale. Non sono il tipo che quando si arrabbia rompe le cose. Ma quella volta lì sentivo che avrei potuto farlo. E invece, chissà come mai, mi sono seduta alla mia scrivania, ho preso carta e penna e ho iniziato a scrivere. "La porta sbattuta" è il primo racconto di una serie di dodici che venne pubblicata nel 1995 da Felinamente, cioè Mursia.
Come dicevo ero furiosa, da star male, ma dopo aver scritto quelle poche pagine (anzi: già mentre le scrivevo) mi sono sentita bene. Bene e "potente". Mi verrebbe da dire onnipotente, ma non vorrei esagerare. Eppure la scrittura dà veramente delle sensazioni forti, ti fa sentire padrone del mondo, del tempo, dei destini dei personaggi a cui dai vita (solo più avanti mi sono resa conto che dopo che gli hai dato la vita quelli se la gestiscono come vogliono e tu non puoi far altro che raccontarla, senza poter intervenire…)
Il libro piacque, divertì.
Da allora mi sono resa conto che era possibile, non più solo un sogno. Potevo coltivare la mia passione e addirittura farla diventare motivo di svago per altri. Ci tengo a precisare che sono consapevole di non scrivere pagine di alta letteratura, ma solo libri di pura evasione, dove però a volte (come nel caso dei miei libri sugli animali) ci metto dentro spunti di riflessione. Non è letteratura "impegnata", la mia, lo so e mi va bene così.
Mi scusi per la digressione. Digressione che sta a dimostrare quanto la scrittura sia importante, per me, quanto mi prenda e quanto, ormai, sia parte preponderante della mia vita. E quindi quando ricevo complimenti su ciò che alla fine sta al centro dei miei interessi, be’… riesco persino a mettere da parte la mia timidezza e a ostentarli pubblicamente.
Suona strano, lo so, in una società così aggressiva e competitiva, dove chi fa qualcosa di diverso dagli altri, e soprattutto se lo fa bene, viene, anziché elogiato, additato e criticato. Come minimo guardato con malevolenza e invidia. Suona strano, dicevo, che in una società abituata allo scontro più che all’incontro (ormai gli incontri si fanno solo in modo virtuale, attraverso Facebook o Second Life e cose del genere… è più comodo, meno impegnativo, si può fingere di essere diversi da sé e di avere un sacco di amici…), pare strano che ci sia ancora qualcuno che, dinanzi a qualcosa che gli pare fatto bene, si lasci trasportare dalle emozioni e dica "bravo".
E’ raro, rarissimo. Si ha quasi paura a farli, i complimenti, si ha paura di essere fraintesi. E riceverli, poi, fa ancora più paura. Come minimo imbarazza.
Non ci siamo più abituati, né a farli né a riceverli. Eppure basterebbe così poco. Farebbe così bene (a noi e agli altri) avere il coraggio di dire a una persona: "Sai, ti stimo per quello che fai", "Sai, apprezzo molto il tuo lavoro", "Sai, mi piace il tuo modo di fare".
Credo che, così come l’amore crea amore, così come i sentimenti positivi ne generano altri di altrettanto positivi, anche il farsi complimenti (sinceri, disinteressati, che vengano direttamente dal cuore) ci aiuterebbe a guardarci con meno diffidenza gli uni con gli altri, a creare rapporti più genuini, aperti e sinceri.
Un po’ di coccole alla nostra anima, ogni tanto, non fanno male. Anzi.
Grazie per le coccole. Mi hanno fatto tanto piacere. Anzi, mi hanno fatto bene.
Un caro saluto
Diana
P.S. Mi auguro che farà notte anche con Red Devil…