Tommi. Due anni pieni di sorrisi.
Tommi oggi compie 2 anni! La data è una convenzione, l’abbiamo decisa d’ufficio, visto che della sua nascita non si sa nulla. Si sa solo che il 24 dicembre 2006 venne abbandonato in un sacco insieme ai suoi tre fratellini davanti al cancello del Rifugio dei Fratelli Minori di Olbia.
Avevano circa un mese e avevano appena finito di prendere il latte dalla mamma. La loro fortuna fu che, nonostante fosse la vigilia di Natale, al canile ci fossero i volontari per accudire i 700 ospiti del rifugio.
Tommi (allora però non aveva nome) e gli altri tre cucciolini furono messi al riparo in infermeria in una gabbia sollevata da terra, dove sarebbero stati al caldo e tenuti sotto controllo.
Il destino volle che Paco, il nostro Paco, morisse il 26 dicembre. Due giorni dopo l’arrivo di Tommi in canile.
Paco morì in Sardegna, e per noi fu un segnale: fu come se avesse deciso di restare là, nella terra che tanto amiamo, per sempre.
Passarono quindici giorni senza che succedesse nulla. Vivemmo nel suo ricordo, sforzandoci di sostituire il dolore con la gratitudine di averlo avuto con noi per tanti intensi e splendidi anni.
Sia io che Gianni sapevamo che dopo Paco sarebbe stata dura decidere di accogliere un altro cane. Sapevamo che avremmo dovuto aspettare. Quindici anni insieme di vita condivisa in tutto e per tutto, di amore e dedizione reciproca vanno onorati con un’attesa… già, ma di quanto? Non lo sapevamo nemmeno noi, ma in ogni caso nessuno di noi due si sentiva pronto per prendere nessuna decisione. Finché per caso, un paio di settimane dopo, navigando su internet andai chissà perché a vedere che cosa succedeva in quel di Olbia, ed esattamente al Rifugio dei Fratelli Minori (uno di quelli che aiutiamo con il Fondo Amici di Paco. Il mio libro fotografico “Occhi sbarrati-Reportage dal canile” è ambientato lì).
Vidi che prima di Natale erano arrivati alcuni cucciolini. Stavano tutti in un trasportino. In quattro. Poverini. E poi ce n’erano altri. Guardai le foto. Speriamo che trovino presto famiglia, mi dissi.
Il giorno dopo telefonai a Cosetta, la responsabile del rifugio, che nonostante la distanza e la scarsa frequentazione considero un’amica. Una donna eccezionale. Le dico di Paco. Piange. L’aveva conosciuto e so per certo che lo amava. Cercavo un po’ di conforto, quasi mi è toccato darlo a lei… la forza di Paco è stata di farsi amare da tante persone. Non era più solo mio e di Gianni. Era anche di tutti coloro che lo amavano e attraverso lui avevano deciso di aiutare i cani meno fortunati di lui.
Cosetta mi chiese di andarla a trovare.
“Ci sono dei cuccioli appena arrivati”, mi dice quasi in tono di scusa per avermelo detto.
“Guarda, se è per venire a trovarti vengo”, le rispondo. “Ma non credo che ce la farò a prendere un cane. E’ troppo presto. Abbiamo bisogno dii tempo.”
Così, tanto per salutare Cosetta e fare una visitina ai cani (anche a Sergio, che avevo adottato a distanza) l’otto gennaio andiamo a Olbia. Dopo i saluti andiamo subito in infermeria. Dei quattro cuccioli mollati in un sacco la vigilia di Natale ne restano due. Uno fulvo che ci ignora e uno nero e biondiccio che appena ci vede si scatena e inizia a buttarsi a peso morto contro le sbarre e ogni volta si prende un sacco di musate.
E’ buffissimo, e anche un buffone. Sembra un cane dei cartoni animati.
Per farlo calmare infilo un dito nella gabbia e lui, con i suoi dentini aguzzi, me lo mordicchia. Non vuole mollarmi. Tiro via il dito e lui di nuovo si butta contro le sbarre. Ennesima musata. Mi nascondo, per vedere se si calma. Ma lui abbaia, ringhia, ne fa di tutti i colori. Mi riavvicino e lui impazzisce nel rivedermi. Infilo di nuovo il dito e lui di nuovo se ne impossessa e non vuole restituirmelo. Se ci provo ringhia, brontola, abbaia, si avventa con i suoi due chili scarsi contro le sbarre.
Mi riavvicino. Ci guardiamo.
“Dai, stai tranquillo, non me ne vado… lo sai che ti voglio bene.”
Sì, così: esattamente così gli ho detto. Ho detto, a un cane appena conosciuto, che gli volevo bene.
Ed è quello che, dopo quasi due anni, gli dico ogni giorno. Gli voglio un bene dell’anima, al mio Tommino, o Pippiolino, o Cavallino matto, o Topicchio, al mio Tommolo, al mio Brigante sardo. Insomma, a quel cagnolotto strano (è il cane più strano che abbia mai avuto… sembra uscito da un cartone animato) che, non so ancora perché e come, appena ci siamo visti mi ha conquistata e ha reso in un colpo solo superate le mie certezze: che era troppo presto per riprovarci.
E’ vero, Tommino: per ricominciare ad amare non è mai troppo presto. Tu ne sei la dimostrazione vivente.
Buon compleanno, cavallino matto. E grazie per tutti i sorrisi e le risate che ci regali ogni giorno. Ti voglio tanto bene.
Ecco, vedi, anche oggi te l’ho detto.
Diana