Cinghiali: emergenza vera o paura immotivata?
Lo scorso dicembre nel Comune di Trinità d’Agultu, nel nord Sardegna, si è tenuto un incontro per verificare l’opportunità di effettuare una battuta di caccia all’interno del vasto comprensorio di Costa Paradiso per ridimensionare la presenza di cinghiali, da qualcuno ritenuta eccessiva. Leggiamo il resoconto di Diana Lanciotti e… vediamo com’è andata a finire (nelle foto: alcune rocce e uno degli splendidi tramonti per cui Costa Paradiso è famosa in tutto il mondo).
Lo scorso dicembre ho ricevuto un invito a un incontro presso il Comune di Trinità d’Agultu (v. report) per valutare insieme alle autorità preposte (Provincia, Guardie Forestali e Sindaco) e a una rappresentanza di cacciatori le eventuali misure da mettere in atto per arginare una presunta emergenza cinghiali a Costa Paradiso, il mio personale paradiso dal 1994, quando rimasi stregata dalla sua magia. Un luogo, dal punto di vista paesaggistico, unico al mondo, di una bellezza indescrivibile. C’è da ubriacarsi di mare, tramonti, rocce e aria pura. Purtroppo l’ingordigia umana ne ha deturpato una parte, ma per fortuna la natura ci preserva angoli di una bellezza che ancora, a distanza di anni, mi emoziona come agli inizi.
A Costa Paradiso, ancora prima che arrivasse l’uomo, c’erano le capre e i cinghiali, i veri padroni di casa. Sfrattate le capre per far posto all’uomo (specie notoriamente superiore rispetto alle prime, e lo si vede dalla sua “visione” dello sfruttamento del territorio…), sono almeno rimasti i cinghiali. Ed essendo questa zona protetta e loro molto furbi (anzi: intelligenti) vi si rifugiano per sfuggire alla mira e alle mire dei cacciatori. Dando a noi, esseri civilizzati che i cinghiali li vedremmo sennò solo in tv o sui libri, o in ragù, il privilegio di poter ammirare nidiate di cinghialini di una bellezza struggente grufolare nella terra in cerca di ghiande e radici.
Vengo a Costa Paradiso da 24 anni, e in tutti questi anni non ho mai avuto notizie circa la pericolosità dei cinghiali, se non per l’integrità delle aioline fiorite che qualcuno si ostina a replicare in una zona praticamente (e fortunatamente) selvaggia.
Ma a qualcuno dà fastidio che i cinghiali, in cerca di qualche prelibatezza, dissodino la terra del loro giardino. E poi, ci sono quelli che, dimenticando che l’uomo dovrebbe limitarsi a essere spettatore grato e silente davanti alla natura, snaturano i cinghiali dando loro da mangiare. Facendone animali semidomestici, che stanziano buona parte del tempo nei pressi delle case, mendicando cibo, anziché mantenere la naturale selvaticità e diffidenza verso l’essere umano, che li farebbero vivere defilati, immersi nella macchia, nelle zone disabitate. Cosicché si instaura un circolo vizioso. E allora qualcuno invoca la caccia selettiva… all’interno di una zona abitata. Per fortuna mi risulta che, oltre al buon senso, ci siano disposizioni molto restrittive e precise al riguardo.
Mi occupo da 20 anni di tutela degli animali, e l’amore per gli animali e la natura in genere (“malattia incurabile” della quale incolpo sempre i miei genitori, che mi hanno insegnato sin da piccola l’amore per il Creato) fa parte del mio DNA. Però non mi ritengo animalista, se animalismo è quello a volte becero e violento che finisce per fare più male che bene alla causa “animalista”. Tendo sempre a valutare le situazioni sotto i vari punti di vista e, a prescindere dal fatto che reputo la caccia un non-sport cruento, crudele e anacronistico, mi rendo conto che a volte la convivenza con gli animali non è facile. Ma è sempre colpa nostra. Per parafrasare il titolo di un mio recente libro (I cani non hanno colpe), dico che “gli animali non hanno colpe”.
Sono l’arroganza e la presunzione umane a fare danni. Siamo su questa Terra, che ci è stata consegnata, per custodirla, preservarla, amarla e rispettarla. Non per devastarla, saccheggiarla, calpestarla. Abbiamo grandi doveri e responsabilità verso la Terra e le specie viventi che la popolano. Delle quali non siamo padroni, ma custodi, responsabili.
Il problema dei cinghiali in sovraffollamento è molto affine al caso dei cani che, abbandonati da padroni scriteriati che li prendono e poi li gettano come fossero scarpe vecchie (alle quali, anzi, a volte si prestano più cure), se non muoiono schiacciati dalle ruote di una macchina o di un camion o di stenti, o uccisi dal loro peggior nemico, cioè l’uomo, si costituiscono in branchi e finiscono piano piano per rinselvatichirsi. E allora ogni tanto agli “onori della cronaca” sale qualche episodio di aggressione da parte di questi cani regrediti loro malgrado allo stato selvatico. Regrediti, ricordiamocelo, per colpa nostra.
Il caso dei cinghiali, pur avendo una genesi diversa, ha un finale molto simile: se leggiamo nel documento della Regione Sardegna (http://www.regione.sardegna.it/documenti/1_82_20151118100609.pdf), scopriamo che alcuni cacciatori, non contenti per la scarsità e le dimensioni contenute dei cinghiali autoctoni (la sottospecie meridionalis) per poter cacciare di più e animali più “cicciosi” hanno introdotto (illecitamente) specie continentali, che hanno modificato geneticamente e caratterialmente i cinghiali sardi, ibridandoli.
Chi conosce la “vecchia” Sardegna mi racconta che i cinghiali locali erano molto più timidi e tendevano a nascondersi, per via delle quantità e delle dimensioni contenute. Ora, a causa dell’importazione di cinghiali (perlopiù maremmani), anche in Sardegna vediamo bestioni che… altro che timidi!
Ma l’uomo, non contento, persevera nei propri errori. Ed ecco che a Costa Paradiso, territorio in cui questi e altri animali (che, dobbiamo ricordarci, erano qua prima che arrivassimo noi) potrebbero vivere in santa pace, sottoposti a una selezione naturale… ecco che arriva chi gli dà da mangiare, abituandoli a non aver paura dell’uomo ma, anzi, a diventare dei mendicanti di cibo. Non si tratta solo di turisti o “continentali” che con leggerezza “si divertono” a vedere animali selvatici ridotti alla semidomesticità (salvo poi mettersi a strillare quando per chiedere il cibo a cui loro li hanno abituati si avvicinano un po’ troppo), ma anche di “locali” che lavorano sul territorio.
Capisco che fuori dal comprensorio la presenza dei cinghiali possa disturbare a causa dei danni alle colture, ma a Costa Paradiso… preferiamo vedere intatte le aioline fiorite o scorgere il musetto di un cinghialino che sbuca tra le fronde?
Qualcuno obietterà: ma sono troppi, sono pericolosi!
Se sono troppi, la colpa è nostra. Ed è triste, ed è sempre una sconfitta, e anche un paradosso, quando l’uomo, nella sua immane presunzione, crea un problema e per risolverlo ricorre a mezzi drastici, disumani. Vuol dire non avere più il senso della misura, della realtà, essere causa di situazioni che poi sfuggono di mano, con un effetto domino devastante.
Quando si parla di bambini tutti si inteneriscono, e l’immagine di un bambino aggredito da un cinghiale li fa inorridire e rabbrividire. In realtà è piuttosto inverosimile che un cinghiale aggredisca un bambino. Mi sembra invece interessante, istruttivo, che bambini costretti a vivere in scatole di cemento in città abbiano il privilegio di venire in un posto in cui la natura è ancora tutto sommato abbastanza “naturale” e in cui gli animali li vedi dal vivo, invece che incellofanati nei vassoietti di polistirolo sui banchi del supermercato, o negli spot dove famigliole felici siedono intorno al desco imbandito su cui troneggia un bel pollo servito con patate arrosto; o ancora, nel caso dei cinghiali, direttamente dissolti nel sugo delle tagliatelle all’uovo fatte a mano dalla nonna Pina.
Costa Paradiso è un posto unico, con tanti pro e tanti contro. Tra i pro c’è ancora la possibilità di stare a contatto con la natura. Ma quello che è un pro a volte rappresenta anche un contro. Non è un posto comodo, facile: ad esempio anche le rocce (non solo i cinghiali) sono pericolose, soprattutto per i bambini… ma spero che un giorno nessuno si farà promotore della… demolizione delle rocce, magari ricorrendo al tritolo!
Scherzi a parte, ogni cosa va affrontata con umanità, equilibrio, senso della realtà e responsabilità. Con lucidità, non sull’onda dell’emotività. Né, tantomeno, delle pressioni dei cacciatori o di chi nutre paure immotivate. Cedere, cedere vuol dire rendersi complici, rinunciando a un lato importante della nostra umanità, e prima o poi dovremo fare i conti con la nostra coscienza.
Ne La vendetta dei broccoli, ho descritto la Caciarella, cioè proprio la caccia al cinghiale. Una cosa che fa venire i brividi e ci fa chiedere come possa un uomo imbracciare un fucile, prendere la mira e annientare una vita, semplicemente azionando un grilletto. Come dire: io muovo appena un dito, e tu muori. Bello sport. Per fortuna a livello nazionale ci sono confortanti notizie circa una progressiva diminuzione dei cacciatori
Dovremmo pensare a soluzioni meno cruente, come ad esempio il prelievo, ma non l’uccisione di capi (magari cuccioli), da spostare in altre aree. E vietare (vigilando sul territorio e comminando multe) di dar da mangiare ai cinghiali. Ci vorrà tempo, ma… c’è qualcosa di più importante che salvaguardare la vita, a qualunque specie o genere appartenga?
Come possiamo pensare che ammazzare un essere vivente sia nostro diritto, e non ci precipiti, invece, ai livelli più bassi di quelle che consideriamo “solo bestie”? Certo io e voi che mi leggete siamo dei privilegiati, perché amiamo gli animali e li rispettiamo. Persino un piccolo storno mi ha insegnato, come ho raccontato in Mamma storna, che anche in un esserino così umile ci sono sentimenti, c’è tanta intelligenza e c’è… un’anima. Come in tutti gli esseri viventi. Anche i cinghiali.
Sperando di non dover impegnare tempo ed energie contro una cosa che dovremmo impedire cercando soluzioni alternative, mi sono presentata all’incontro pronta a ingaggiare un braccio di ferro con i cacciatori e con chiunque dei presenti appoggiasse la battuta di caccia.
E invece… il responsabile Ambiente della Provincia di Olbia Tempio ha immediatamente voluto «sfatare la leggenda secondo la quale il cinghiale è un pericolo per l’incolumità delle persone», in quanto il cinghiale diventa pericoloso solo se attaccato o ferito, in situazioni perciò principalmente legate all’attività venatoria; la dirigente del Servizio Territoriale e le Guardie Forestali hanno ribadito la non pericolosità dei cinghiali per le persone; i cacciatori stessi, dichiarando la loro contrarietà a effettuare battute di caccia all’interno di Costa Paradiso, hanno evidenziato che il numero dei cinghiali, causa siccità e altre contingenze, è diminuito.
Resta il problema da me evidenziato: il cibo somministrato ai cinghiali. Ma c’è una risposta, semplice e chiara: la Legge punisce il reato di foraggiamento di cinghiali, prevedendo pene come l’arresto da 2 a 6 mesi o l’ammenda da 516 ad 2.065 euro, sia per i cacciatori che per chiunque fornisca cibo ai cinghiali che si avvicinano al territorio urbano. L’impegno, per i presenti, è di comunicare questo divieto. Ed è quello che sto facendo.
Insomma, tutti hanno praticamente smontato il problema. L’emergenza cinghiali, a Costa Paradiso, era un caso montato. Da chi, e perché, non si sa.
Diana Lanciotti
da Amici di Paco n° 68 – Febbraio 2018
Diana Lanciotti, giornalista, esperta di comunicazione, scrittrice e fondatrice del Fondo Amici di Paco, è nota per i suoi libri sugli animali. Per chi ama i gatti: C’è sempre un gatto-Dodici (g)atti unici con finale a sorpresa e La gatta che venne dal bosco, storia piena di ironia, emozione e magia. Gli amanti dei cani la conoscono per la quadrilogia di Paco: Paco, il Re della strada, Paco. Diario di un cane felice, In viaggio con Paco e Paco, il simpatico ragazzo, bestseller che hanno per protagonista Paco, il trovatello testimonial del Fondo Amici di Paco. Grazie ai libri fotografici I miei musi ispiratori, Occhi sbarrati e Mostri canini si è fatta apprezzare anche come fotografa. In Mamma storna ha narrato la storia vera di un piccolo storno caduto dal nido. Boris, professione angelo custode è stato definito “la più toccante testimonianza d’amore per i cani”. Unendo i temi a lei cari, amore, mare, animali, ha scritto Black Swan-Cuori nella tempesta, White Shark-Il senso del mare, Red Devil-Rotte di collisione e Silver Moon-Lo stregone del mare, romanzi d’amore e di mare con i quali ha inaugurato il filone del “romanticismo d’azione”. Con La vendetta dei broccoli, “giallo vegetariano” di grande successo, ha aperto un importante dibattito sulle scelte alimentari. L’esperta dei cani, I cani non hanno colpe e Ogni gatto è un’isola sono dedicati al tema della comprensione dei nostri animali, al quale si dedica dal 2008 nella rubrica “Parliamone insieme” sulla rivista Amici di Paco. In Cara Diana ti scrivo ha raccolto 22 anni di corrispondenza con gli “amici di Paco” ma non solo. Antivirus. Emergere dall’emergenza è una raccolta di scritti per uscire dalle gabbie del Pensiero Unico. Guariremo solo se… contiene spunti di riflessione per emergere sani (di corpo e di mente) dalla prima pandemia mediatica che ha colpito il mondo. Titolare dell’agenzia Errico & Lanciotti, che firma gratuitamente tutta la comunicazione del Fondo Amici di Paco, è direttore responsabile della rivista Amici di Paco e direttore editoriale di Paco Editore. Vive in Sardegna e sul lago di Garda con il marito, tre cani e quattro gatti. Il suo sito è www.dianalanciotti.it
Il Fondo Amici di Paco, fondato nel 1997 da Diana Lanciotti con il marito Gianni Errico in seguito all’adozione di Paco al canile, è una delle associazioni no-profit più attive a livello nazionale, sia sotto l’aspetto degli aiuti concreti ai rifugi che quello della sensibilizzazione. Sin dalla nascita, ha portato all’attenzione di istituzioni, media e cittadini le problematiche dei cani e dei gatti abbandonati rendendo noto il fenomeno del randagismo, un tempo ignorato.
Grazie a numerose campagne di sensibilizzazione (come quella di Natale: “Non siamo giocattoli, non regalarci a Natale”, o quella estiva: “Non abbandonare il tuo cane. Lui non ti abbandonerebbe mai”, o quella di Pasqua “Buona Pasqua anche a loro”, tutte realizzate gratuitamente dall’agenzia Errico & Lanciotti), ha saputo aprire la strada a una nuova coscienza nei riguardi degli animali e favorito la nascita di molte altre associazioni impegnate a difenderli, tanto che occuparsi dei diritti e del benessere degli animali è diventato un impegno diffuso e riconosciuto da tanti. In nome e nel ricordo di Paco, scomparso nel 2006, il Fondo Amici di Paco prosegue le sue attività sia nella direzione della sensibilizzazione che degli aiuti concreti ai rifugi che accolgono i cani e i gatti abbandonati. Non avendo spese di gestione (di cui si fanno carico i due fondatori), l’associazione può devolvere l’intero ricavato delle somme raccolte grazie alla generosità dei suoi sostenitori che da tutta Italia appoggiano le iniziative a favore degli animali più bisognosi.
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ufficio stampa Fondo Amici di Paco e Paco Editore
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