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Sardegna: l’isola dimenticata, ma non dal fuoco…

La Sardegna brucia. Nell’Oristanese, al centro dell’isola, migliaia di ettari sono andati in fumo nel giro di poche ore. Uliveti, sughereti, boschi, vigneti e buona parte degli animali che ci vivevano: intere greggi, cani, gatti, cavalli, oltre a chissà quanti esemplari della fauna selvatica, dai cervi, alle lepri, alle volpi, ai cinghiali, agli uccelli.
Il presidente della Regione l’ha definito “un disastro senza precedenti” e ha chiesto lo stato di calamità.
«In quei boschi viveva una popolazione di almeno 400 cervi», ricorda Giovanni Contini, ispettore Regionale delle Guardie Zoofile della Sardegna, «e poi volpi, cinghiali e tantissimi animali. È una catastrofe di proporzioni inimmaginabili che avrà conseguenze per i prossimi 15 anni a venire.»
Anche secondo la Coldiretti serviranno almeno 15 anni per ricostruire i boschi e la macchia mediterranea, per non parlare dei capannoni e dei fienili con le scorte di foraggio e i mezzi agricoli. I danni all’agricoltura, alla pastorizia e alla viticoltura sono altissimi.

Non è la prima volta che succede in queste zone: già nel 1983 e nel 1994 i boschi di Santu Lussurgiu vennero divorati dal fuoco. Poi, visto che la natura ha una voglia di vivere dirompente che nessuna malvagità umana potrà mai annientare, la vegetazione si è ripresa e ha rinverdito i terreni desertificati dall’incendio.
A distanza di tanti anni è successo di nuovo, complice uno Scirocco bollente e violento. Complice, già… ma complice di chi?
Ora si cercano i colpevoli, e anche le cause. Ma qualunque sia la causa, questa volta (si parla di un’auto andata a fuoco incidentalmente, secondo qualcuno intenzionalmente, di esche incendiarie, di un piccolo incendio non spento del tutto e rinvigorito dal vento), in realtà le cause sono tante, le stesse di sempre: l’incuria, il dolo, la superficialità, la criminalità più o meno organizzata, le mire speculative, la pazzia umana. Quasi tutte riconducibili a una leggerezza stupefacente di chi non si è ancora reso conto che la Sardegna è patrimonio dell’umanità, non solo dei sardi.

Qualcuno sta dando le colpe al cambiamento climatico. E questa, rispetto alla litanìa delle motivazioni, è una novità. Ma allora c’è da chiedersi come mai per ritrovare incendi così grossi ed estesi bisogna andare indietro negli anni, in particolare a quelli del 1989, in cui io stessa e mio marito riuscimmo a salvarci correndo in spiaggia e aspettando che il fuoco si “stancasse”, gli asciugamani bagnati in testa per riuscire a proteggerci dal caldo e respirare.
Allora ci furono anche vittime umane. Alcune a un paio di chilometri da noi.

Questo è il resoconto che, a distanza di mesi, ne faceva La Nuova Sardegna:

Costa Smeralda in fiamme 20 morti in due distinti incendi
L’estate del 1989 resterà nella storia del Novecento sardo come la più tragica. In due diversi incendi nel mese di agosto, morirono 18 persone. Teatro della duplice tragedia, la Costa Smeralda e dintorni: le fiamme si sviluppano a sud di Olbia, verso Porto San Paolo, in Costa Smeralda e, oltre Arzachena, nella campagna di Surrau. Il primo agosto l’incendio scoppia quasi contemporaneamente in tre punti di questa zona. A Porto San Paolo le fiamme invadono e distruggono interi nuclei residenziali, alimentate da un furioso maestrale: la gente si salva gettandosi a mare, abbandonando case e tutto. Muoiono in due, un funzionario della Cee, Giuseppe Lo Curcio, 55 anni, romano, e la signora Anna Marabini, 42 anni, moglie di un pilota dell’Alisarda. Fra Bassacutena e Palau muoiono in tre: Quirico Cudoni, 60 anni, allevatore, con suo figlio Paolo, 30 anni, e l’insegnante Anna Compagnone, 43 anni. L’incendio più devastante è quello del 28. Va dal golfo di Cugnana sin dentro la Costa Smeralda. E un’autentica strage. Su 13 vittime, 8 muoiono in pochi metri quadrati, dentro le automobili con cui hanno cercato scampo ma che non riescono a superare il muro di fiamme: Maria Pia Lo Muscio, 51 anni, insegnante elementare di Andria, Maria Antonietta Sessa, 30 anni, di Torre del Greco, e il figlioletto Giuseppe D’Amato, 2 anni; un’intera famiglia milanese di quattro persone: Paola Vitelli Secchia, 44 anni, con la madre Anna Romano, 66 anni, e i figli Barbara, 16 anni, e Filippo, 10 anni. Muore anche Erika Saris Mannucci, 55 anni, moglie di uno dei dirigenti del servizio anticendi del Consorzio Costa Smeralda. Muiono presso le loro case (o più tardi in ospedale) Helmut Heinz Hungerer, 55 anni, docente universitario, e sua moglie Elisabeth, 35 anni; il pensionato di San Pantaleo Giovanni Deiana e sua moglie Francesca, 58 anni. Scompare nel rogo l’ingegnere milanese Guido Ardizzone, 63 anni. Il suo corpo verrà ritrovato soltanto qualche giorno più tardi nelle ceneri ancora calde.

Fu terribile, ve l’assicuro. Sia durante che dopo l’incendio. Nei giorni successivi sembrava di girare in un pianeta popolato da spettri: scomparsi i colori, tutto era nei toni del grigio (cenere) e del nero (carbone). Dagli strati di cenere depositati sul terreno spuntavano gli scheletri anneriti di corbezzoli, lecci, filliree, protesi ad artigliare l’aria a memoria di una tragedia in cui l’uomo era contemporaneamente vittima e colpevole. L’unico colore era dato dal cielo, il meraviglioso cielo di Sardegna che, persa l’inquietante sfumatura rossastra mantenuta per due giorni dopo l’incendio, riprese il suo azzurro intenso. Era solo guardando in alto verso quel cielo azzurrissimo che ci si rendeva conto di essere in Sardegna e non su un pianeta disabitato dopo l’arrivo dell’Apocalisse. E l’odore, l’odore di bruciato, che aveva annientato il profumo aspro della macchia mediterranea, la sera si faceva ancora più forte e penetrante. Impregnava tutto: ce lo ritrovammo negli indumenti per giorni e giorni, anche quelli chiusi negli armadi.
Giurai che mai più sarei tornata in Sardegna. Ma la mia vita è legata a doppio filo a questa terra meravigliosa e dopo un paio d’anni di astinenza non seppi più resistere. Il richiamo era troppo forte per poterlo ignorare.
E l’altra sera, vedendo quella luna gialla, tinta dal fumo che saliva verso gli strati più bassi dell’atmosfera, e sentendo quel vago odore di bruciato, che nonostante i centocinquanta e passa chilometri di distanza arrivava fino a noi, ho rivissuto quegli orribili momenti.
Ma la Sardegna stavolta non l’abbandonerò. Ci apparteniamo, non ci lasceremo.

La Sardegna non va abbandonata, va aiutata. Va capita.
La Sardegna è da sempre una regione “isolata” e ignorata dalla politica nazionale, in quanto portatrice di pochi voti e, soprattutto, una realtà incompresa da chi non si è mai degnato di mettervi piede eppure legifera e dispone come se non si trattasse di un “continente” a sé stante, con problematiche e caratteristiche tutte sue, non riscontrabili in altre parti d’Italia.
Adesso tutti, senza nulla sapere, invocano misure più dure, prevenzione, incremento del personale, dei mezzi di soccorso… ma ci vuole la tragedia perché si accorgano quanto questa regione sia trascurata?
Io la amo visceralmente, nelle sue mille contraddizioni, i suoi contrasti aspri che o respingono o incantano. Difficile mantenere sentimenti neutri o emozioni “tranquille” quando si ha a che fare con la Sardegna. La Sardegna affascina, incanta, respinge, attrae. La ami, ma a volte la odi.
Ora tutti a dire: “Ma bisogna fare questo, ci vuole quello”, standosene comodamente seduti a casa propria, lontani fisicamente e soprattutto mentalmente da qui.
Ma provate a venirci, come ho fatto io che, seppur nata e vissuta per buona parte della mia vita altrove, ho deciso di viverci.

Non so, non so qual è la ricetta per far finire queste tragedie che vestono a lutto da troppo tempo questa splendida isola. Serve una strategia, una visione meno “ombelicale”, che vada cioè oltre il proprio ombelico dove pare che molti concentrino tutte le proprie attenzioni, nell’incapacità di guardare verso orizzonti più ampi e lontani. Sono sicura che, mettendosi d’impegno e d’ingegno chi ne ha le competenze, non sarebbe così difficile trovarla.
Non è solo a livello locale che bisogna fare campagne di dissuasione e sensibilizzazione. Bisogna parlarne, prima che succeda la tragedia, durante tutto l’anno, a livello nazionale. Fare campagne che spieghino, che mostrino al mondo il patrimonio di bellezze e ricchezze naturali, artistiche e culturali dell’isola, affinché tutti sentano forte la responsabilità di preservarle, accudirle, tutelarle. A livello di politici, e anche di cittadini.

Bisogna fare in modo che la Sardegna si senta meno isolata ma più “parte del resto del mondo” (pur mantenendo la sua individualità che ne fa un territorio unico e irripetibile), preoccuparsene anche fuori dall’effimera stagione estiva, e non solo quando si tratta di raccogliere voti o fare affari. Bisogna mettere a disposizione risorse con costanza e continuità, non solo in periodo elettorale, e controllare che non finiscano in qualche tasca o a foraggiare clientele, ma siano utilizzate per la regolare manutenzione dei boschi, per dotarsi di mezzi adeguati in quantità e qualità, per organizzare un efficace e avanzatissimo servizio di prevenzione con cui l’isola potrebbe diventare la regione pilota per il resto del mondo.
La prevenzione degli incendi dovrebbe diventare una delle attività principali dell’azione politica, giuridica e amministrativa, a livello locale e nazionale. Arrivando a fare una legge che preveda il massimo della pena per chi appicca un incendio…
Basta volerlo, e le cose si possono fare.

A dimostrazione dello scollamento tra politica e realtà, in questo caso sarda, ci sono le affermazioni del capo della Protezione civile Curcio, il quale al termine della sua visita in Sardegna ha dichiarato: «Il fatto che noi non contiamo vittime in una situazione così complicata è un successo.» Un successo? Ma si è guardato intorno? Credo che queste persone che pare vivano nella stratosfera anziché sulla terra dovrebbero avere il pudore di tacere e lavorare a testa bassa, in silenzio, senza rilasciare dichiarazioni offensive e umilianti per chi ha perso il frutto del lavoro di una vita e per le migliaia di animali morti. Altro che successo.

Qualcuno, ora, invoca:  “Al rogo gli assassini!“ nella convinzione che si tratti di incendi dolosi. Il fatto che il fronte fosse così esteso e diversificato depone, purtroppo, a favore di questa ipotesi. E se dolosi sono, abbiamo davvero a che fare con assassini: chi appicca un incendio non sa se qualcuno morirà o meno. Quindi, anche se potenziale, è un assassino. E dall’altra parte ci sono veri e propri eroi: i vigili del fuoco e i piloti di Canadair ed elicotteri che affrontano il fuoco appiccato dai criminali.
Purtroppo sarà difficile stanarli, perché i vigliacchi vivono nell’ombra, ben nascosti, a volte addirittura protetti. Metterli al rogo come qualcuno vorrebbe non si può fare… Ma augurare loro di cuocersi nelle fiamme del rimorso… questo sì, possiamo farlo.

Diana Lanciotti

P.S. Per quanto ci riguarda, nel nostro piccolo, attraverso il Fondo Amici di Paco da anni cerchiamo di aiutare le associazioni e i rifugi, in buona parte sardi, che salvano i cani e i gatti abbandonati. A loro volta vittime di incuria e irresponsabilità, venuti al mondo per soffrire, solo perché nessuno si è preoccupato di sterilizzare le loro madri. Una piaga che si riversa sulle spalle di tutte le straordinarie persone che se ne prendono cura. In questo senso la Sardegna pare viaggiare in due direzioni opposte: quella di chi non ha il minimo rispetto per la vita, umana o animale che sia, e quella di chi di ogni vita fa un piccolo tesoro.
In questa specifica circostanza mi sono messa in contatto con le associazioni locali, alcune colpite duramente con la perdita di animali, per valutare il tipo di aiuto da fornire. Inoltre, ho deciso che le vendite della nuova edizione di Paco, il Re della strada da qui a fine anno saranno interamente devolute per contribuire alla ricostruzione dei rifugi andati distrutti o per le necessità che, una volta fatta la conta dei danni, emergeranno.
Paco, come me, amava la Sardegna, tanto che è morto qua e qua è rimasto, davanti al mare che ci ha visti tante volte felici. E lui sarebbe felice, adesso, di aiutare i suoi amici sardi.
Credo che in questo senso chiunque, nel proprio piccolo, invece di limitarsi a digitare sui social faccine piangenti e cuoricini potrebbe dare una mano. Diffondendo la cultura del rispetto verso tutto il Creato e, anche, mettendo mano al portafoglio. Ci sono tante raccolte fondi aperte. Anche la nostra, del Fondo Amici di Paco, di cui sotto riportiamo gli estremi.

 

EMERGENZA INCENDI SARDEGNA

Per aiutarci ad aiutare i volontari e gli animali vittime degli incendi di luglio potete scegliere una di queste modalità:

tramite c/c bancario IT44P0503454463000000045840 intestato a Fondo Amici di Paco, Banco BPM, Ag. Desenzano d/G; tramite conto corrente postale 15085251 intestato al Fondo Amici di Paco; sul sito www.amicidipaco.it (con carta di credito o Paypal, sul conto paypal@amicidipaco.it).
N.B. Inviate per fax (030 5109170) o email (paco@amicidipaco.it) copia della ricevuta postale o bancaria. SPECIFICATE SEMPRE: “EMERGENZA INCENDI SARDEGNA”.
Le offerte al Fondo Amici di Paco sono detraibili.

P.P.S. Oggi 28 luglio si apprende che due dei tre roghi che hanno devastato l’Oristanese sono dolosi. Come immaginavamo siamo di fronte ad assassini. Criminali privi di coscienza e umanità. Visto che sarà difficile trovarli, che Dio li fulmini. Esseri tanto spregevoli non hanno nessun diritto di continuare a vivere nella società civile.

Due parole sul Fondo Amici di Paco
Il Fondo Amici di Paco, fondato nel 1997 da Diana Lanciotti con il marito Gianni Errico in seguito all’adozione di Paco al canile, è una delle associazioni no-profit più attive a livello nazionale, sia sotto l’aspetto degli aiuti concreti ai rifugi che quello della sensibilizzazione. Sin dalla nascita, ha portato all’attenzione di istituzioni, media e cittadini le problematiche dei cani e dei gatti abbandonati rendendo noto il fenomeno del randagismo, un tempo ignorato.
Grazie a numerose campagne di sensibilizzazione (come quella di Natale: “Non siamo giocattoli, non regalarci a Natale”, o quella estiva: “Non abbandonare il tuo cane. Lui non ti abbandonerebbe mai”, o quella di Pasqua “Buona Pasqua anche a loro”, tutte realizzate gratuitamente dall’agenzia Errico & Lanciotti), ha saputo aprire la strada a una nuova coscienza nei riguardi degli animali e favorito la nascita di molte altre associazioni impegnate a difenderli, tanto che occuparsi dei diritti e del benessere degli animali è diventato un impegno diffuso e riconosciuto da tanti. In nome e nel ricordo di Paco, scomparso nel 2006, il Fondo Amici di Paco prosegue le sue attività sia nella direzione della sensibilizzazione che degli aiuti concreti ai rifugi che accolgono i cani e i gatti abbandonati. Non avendo spese di gestione (di cui si fanno carico i due fondatori), l’associazione può devolvere l’intero ricavato delle somme raccolte grazie alla generosità dei suoi sostenitori che da tutta Italia appoggiano le iniziative a favore degli animali più bisognosi.

Per informazioni, acquisti e donazioni
Fondo Amici di Paco tel. 030 9900732, paco@amicidipaco.it, www.amicidipaco.it
Per devolvere il 5×1000 al Fondo Amici di Paco per aiutare tanti animali in difficoltà il codice fiscale è: 01941540989

Simona Rocchi
ufficio stampa Fondo Amici di Paco

 

(foto Gedi – La Nuova Sardegna)

2 commenti

  • Lucia M.

    Cara Diana, da sarda ti ringrazio per l’amore e l’impegno che dedichi alla nostra Isola che è anche tua, meritatamente. Cosa dire? Sono troppo commossa per le tue parole che ci fanno sentire capiti e amati.
    Continua a parlare di noi al mondo intero, come sai fare tu

    Lucia

  • Romana

    Ammetto, Diana: conosco la Sardegna solo per il mare. Ma dopo aver letto le tue parole mi riprometto di fare la conoscenza di una realtà che descrivi tanto bene. Grazie per non fermarti mai alle apparenze ma essere sempre capace di andare oltre.
    Ciao
    Romana

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