Anch’io sto con i pastori sardi… ma quelli veri!
La protesta dei pastori sardi non può non essere considerata giusta e sacrosanta. Condivido le loro rivendicazioni e, conoscendo molto bene l’eccellenza dei prodotti sardi, mi stupisco che anziché esserci una maggiore richiesta rispetto alla produzione, tale da assorbire eventuali eccedenze, esistano, appunto, delle eccedenze.
I prodotti sardi, che nulla hanno da invidiare ai prodotti di altre regioni che godono di maggior sostegno, promozione e protezione a livello internazionale, dovrebbero andare a ruba.
Invece la politica, nazionale e regionale, non ha ancora individuato i veri punti di forza di una regione straordinaria, e non sa perciò valorizzarli per far sì che i Sardi non siano costretti a emigrare ma possano restare nella loro terra.
Una politica incapace di sostenere e rilanciare il settore agroalimentare e turistico in un luogo che è ricchissimo di bellezze uniche al mondo e di produzioni di altissima qualità è una politica fallimentare. Una politica che non si chiede come mai, nonostante la carenza di servizi e strutture che permettano all’isola di competere (e vincere) con i più gettonati luoghi esotici, la gente ci viene lo stesso, attratta dalle sue potenzialità. Ma quando si rende conto che queste potenzialità restano tali, non torna più, va altrove. A cercare più servizi, più qualità, preferendoli alla bellezza, che in Sardegna è a tutti gli effetti ineguagliabile.
Ma la bellezza non basta. Ci vuole un salto di qualità, la volontà di offrire un ventaglio di possibilità di buon livello, ci vuole il coraggio di rinunciare al guadagno immediato per pensare a un futuro capace di trattenere i giovani e farne arrivare anche da fuori, non già per portar via risorse ma per portarne di nuove. Ci vuole uno sguardo più lungo di quello che arriva a malapena al proprio ombelico.
Ma ho divagato, come spesso succede quando parlo della mia amata Sardegna.
Vivendoci, se ne vivono le tensioni e le contraddizioni, e si vorrebbe far qualcosa. Ma, finché i governi nazionali, regionali e anche locali continueranno a considerare la Sardegna come un bacino di voti, difficilmente se ne verrà fuori.
Tornando ai pastori: come dicevo la protesta è sacrosanta. Anche se fa male vederli gettare in strada ettolitri di latte, fiumi di oro bianco. Fa male vederli prendere a calci i bidoni con spregio, calpestare con scarponi rabbiosi il candore del latte delle loro pecore (il frutto dei loro sforzi, il loro più grande tesoro), invece di mostrarsi sinceramente addolorati per esserci costretti…
Ma quello che fa ancora più dispiacere è leggere notizie come quella appena diramata dall’ANSA: oggi due pseudopastori, incappucciati e armati, hanno assaltato una cisterna del latte, legato a un albero il conducente e dato fuoco al camion.
Sono convinta che non si tratti affatto di veri pastori, ma di infiltrati (mandati da chi, sarebbe bene scoprirlo) per agitare le acque e vanificare gli sforzi di governo e associazioni per trovare un accordo.
Fanno e faranno perciò bene i VERI pastori a dissociarsi da questi delinquenti al soldo di qualche potere (politico e/o economico) che ha tutto l’interesse a che la situazione non si risolva.
Evviva i pastori sardi (quelli veri). Evviva la Sardegna!
Diana Lanciotti